Facile parlare di storytelling, vero? Il pregiudizio è chiaro: basta raccontare una storia, basta iniziare dal principio e chiudere la narrazione con un finale a effetto. D’altro canto questo è lo storytelling: uno strumento antico che abbiamo riscoperto per attirare l’attenzione del potenziale cliente. Anzi, per fare in modo che il messaggio non sia percepito come una pubblicità
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TogglePerché sono le storie a colpire l’attenzione dei potenziali clienti: ormai l’interruption marketing ha margini ristretti. Le persone non vogliono essere interrotte da messaggi pubblicitari: vogliono contenuti utili, capaci di informare ed emozionare allo stesso tempo. Lo storytelling si infila in queste maglie e cerca di far leva sulla passione dell’essere umano per una storia ben raccontata.
Ecco, questo è il punto. Parlare di storytelling, di quanto sia interessante e utile, lavorare intorno a questo settore è facile. Ma è altrettanto facile raccontare una storia? Le aziende hanno le competenze necessarie? Sono in grado di affidarsi alle persone giuste? Quali sono gli elementi fondamentali per raccontare una storia che sappia raggiungere gli obiettivi necessari del corporate storytelling?
1. Conoscenza
La conoscenza è importante quando si racconta una storia. Ma conoscenza di cosa? Di tutti gli ingredienti necessari: l’azienda, il pubblico, il prodotto o il servizio che vuoi raccontare, le altre realtà aziendali, quello che è stato raccontato prima. Non puoi fare storytelling se non conosci il tuo campo, e soprattutto se hai paura di fare domande. Anche quelle scomode.
Chi racconta una storia deve anche prendersi l’onere di svelare gli scheletri nell’armadio, di chiedere all’azienda – senza temere reazioni e rifiuti – di parlare dei propri valori, del proprio business model. E magari deve affrontare delle lacune. Deve essere pronto a girare intorno a difetti più o meno evidenti che caratterizzano l’azienda da un punto di vista materiale e concettuale.
Chi racconta una storia deve saper gestire idee poco chiare, ma al tempo stesso deve conoscere tutto del prodotto o del servizio. Ma anche del pubblico. Prima di tutto si ascoltano le persone che fanno parte del target perché è a loro che devi raccontare la storia, non ai responsabili aziendali.
2. Conflitto
Non sottovalutare la forza del conflitto. Ogni storia che si rispetti ha un copione stabilito, e molte hanno al centro un conflitto: una situazione problematica, un nodo da sciogliere, un obiettivo da raggiungere. Il conflitto è l’episodio cardine alla base di ogni narrazione, nuova o vecchia che sia. Gli uomini si rispecchiano nel conflitto perché il conflitto stesso è presente nella vita di ogni giorno.
Il conflitto non deve essere per forza fisico: è un conflitto idealtipico che si esprime attraverso i codici visuali e che trova una soluzione attraverso la narrazione: il principe salva la principessa, l’eroe sconfigge il mostro, la ragazza sfortunata trova l’uomo dei suoi sogni. La narrazione espone il conflitto, ma quella raffinata lascia spazio anche all’interpretazione del pubblico.
3. Chiedi al lettore
Lasciare spazio a chi ascolta la storia vuol dire conquistare per sempre il tuo pubblico. Non trattare la persona che legge o ascolta come un elemento passivo: non devi accompagnare per mano il tuo pubblico verso una conclusione che tu ritieni giusta. Devi dare i segnali necessari per definire il tuo punto di vista – il punto di vista aziendale – ma l’interpretazione è individuale. Il bello della storia è anche questo.
4. Semplice, non banale
Non trattare il lettore come un bambino. Questo non significa rendere complicata la narrazione. La conoscenza del tuo target è fondamentale in questi casi: una storia deve essere semplice, facile da raccontare e da interpretare. Solo in questo modo puoi renderla semplice da trasmettere ad amici, colleghi, parenti. Una storia complicata è una storia che non si racconta.
Questo non significa, però, banalizzare. La semplicità di una storia nasconde una narrazione che tocca i punti necessari: non bisogna confondere il piacere di una narrazione asciutta con l’aridità di una storia monca, incapace di affrontare i punti necessari per trasmettere informazioni ed emozioni. Ecco i punti necessari in una storia secondo Beatrice Niciarelli:
- Emozione
- Trama definita
- Verità
- Coerenza
- Chiarezza
- Semplicità
5. Chi parla?
Chi racconta la storia? Un’azienda conosciuta o sconosciuta? Qual è l’opinione di quest’azienda? Cosa pensano i clienti? Funziona come nella vita di tutti i giorni: tu conosci chi racconta una storia, hai fiducia nella sua parola, ti fidi. Oppure no, non lo conosci quindi devi procedere con cautela. Una cautela che aumenta ancor di più quando le opinioni sono negative.
La fiducia è importante quando devi raccontare una storia: quindi è fondamentale curare il proprio brand aziendale anche per fare in modo che lo storytelling raggiunga buoni risultati. Perché dovrei ascoltare le tue storie se non ho una buona considerazione del tuo brand?
Ma soprattutto: la tua azienda è pronta per raccontare una storia? Parliamone insieme nei commenti!