Quando parliamo di ADV per E-commerce, non si tratta solo di impostare una campagna di remarketing dinamico basata sui prodotti. A dire il vero, neppure una campagna del genere è poi così banale, tuttavia è solo la base rispetto a quanto potremmo progettare di più efficace per i nostri clienti.
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ToggleIl fatto è che le persone abbandonano un e-commerce in punti diversi e odiano ricevere lo stesso banner all’infinito. Non è vero? Abbiamo bisogno di qualcosa di meglio. Qualcosa che si adatti allo scenario specifico dell’utente in visita tra i nostri prodotti e che ci permetta – soprattutto – di valutare le performance delle nostre campagne in modo più efficace.
In questo articolo ti racconterò perché puoi fare molto di più che progettare una sola campagna dinamica sui prodotti, che insegua indistintamente i tuoi utenti. Iniziamo!
Sì, parliamo ancora di funnel
Domanda: qual è il percorso d’acquisto migliore che puoi ipotizzare tra le pagine del tuo e-commerce? Solitamente si descrivono diversi momenti, in quello che viene chiamato funnel di conversione.
- l’utente atterra sul sito (in homepage, ma non solo)
- si sposta in una categoria di prodotto
- visualizza uno o più prodotti
- inserisce un prodotto a carrello
- inizia il processo di checkout
- paga e completa l’ordine (evviva!)
Ogni passaggio presenta all’utente la possibilità di abbandonare il sito. Diverse statistiche ci raccontano ogni anno come la percentuale media di utenti che concludono un ordine è inferiore al 3-4% di tutto il traffico in ingresso.
Naturalmente, potresti obiettare come non tutti i passaggi siano davvero necessari e molti e-commerce offrano scorciatoie verso i prodotti direttamente dalla homepage. Tuttavia il problema rimane: gli utenti si trovano di fronte un cammino piuttosto lungo, in cui il tuo sito lotta per guadagnare attenzione rispetto a tutti i competitor.
Una strategia di remarketing fatta bene mira a recuperare la maggior parte degli utenti che hanno abbandonato la navigazione. Tutto qui. Se la strategia è approssimativa il rischio è quello di sprecare budget e annoiare l’utente. Quando impieghiamo gli strumenti al meglio, le cose cambiano drasticamente.
1. Remarketing generico
Generico inteso come il primo livello di remarketing con cui l’utente può avere a che fare.
Gran parte dei tuoi utenti visiteranno la homepage e poco altro, prima di abbandonare il sito. Forse visiteranno qualche pagina relativa alle informazioni di spedizione, alle informazioni sul reso o – perché no? – sulla storia del brand o la pagina dei contatti.
Questo primo tipo di campagna in remarketing ignora il comportamento dell’utente e propone un generico spunto al ritorno. Si basa su quell’elenco di pubblico chiamato spesso “Tutti i visitatori”. In AdWords, può essere il pubblico generato dal tag di AdWords stesso o, ancora meglio, quello importato da Analytics. In Facebook, è quello che viene costruito dal corrispettivo Pixel semplicemente raccogliendo tutti gli utenti che navigano sulle tue pagine.
Non farti ingannare dal termine “generico”. Significa semplicemente che, come base, stai offrendo al tuo pubblico di visitatori un messaggio utile in più contesti, indipendentemente da ciò che hanno fatto e da quali prodotti hanno visto. Un esempio? Un annuncio in remarketing che offre un promo-code per tutti gli utenti che si iscrivono alla newsletter è utile tanto all’utente che è appena atterrato sulle tue pagine quanto per chi ha abbandonato il carrello.
Su questa strategia remarketing – se vogliamo rivolta a un pubblico spesso ancora freddo – si è soliti calcolare le performance delle inserzioni piuttosto che i risultati di vendita. Miriamo a contare e valutare le interazioni con l’inserzione, il CTR, il Costo-Per-Clic e tutti gli altri parametri legati all’efficienza dell’annuncio nello stimolare una nuova scintilla d’attenzione.
2. Remarketing basato sul comportamento
Un livello di precisione ulteriore per progettare le tue campagne in remarketing è ragionare sul comportamento. Dividere cioè il tuo traffico in diversi elenchi di pubblico, basati sulle azioni che la persona ha compiuto durante la navigazione.
Pensaci: l’utente che ha visualizzato una categoria di prodotto, ma ha poi interrotto la navigazione è ben diverso da un utente che si è spinto sino al prodotto singolo o che, ancora meglio, ha inserito il prodotto nella lista dei desideri o ha affrontato il carrello.
Diversi livelli di profondità nel funnel di conversione richiedono, nello scenario migliore, diverse campagne che inseguano l’utente ben consapevoli di chi hanno di fronte. Offrire uno spunto sul prodotto specifico a un utente che ha solo sbirciato in quella intera categoria è prematuro. Così come non è utile offrire spunti per il ritorno a un utente che ha visto una categoria di prodotto, mostrando una diversa categoria di prodotto. L’obiettivo, quando progettiamo campagne che si muovono sul comportamento, è raggiungere la massima coerenza dell’annuncio mostrato con la più recente visita effettuata dall’utente.
In AdWords, possiamo creare elenchi di pubblico che separino l’elenco base “Tutti i visitatori” sulla base dell’URL visitato. In Facebook possiamo agire allo stesso modo sull’URL o separando gli elenchi per l’Azione Standard inviata dal Pixel: per esempio, la visualizzazione di un contenuto, l’aggiunta a carrello, l’inserimento delle informazioni di pagamento e così via.
È in questo tipo di campagne che trovano posto, naturalmente, le campagne in remarketing dinamico erogate attraverso un listino di prodotti, dove la piattaforma incrocia le informazioni sulla visita dell’utente con i prodotti dell’e-commerce e, se possibile, mostra il prodotto specifico nell’inserzione riportando l’utente sulla pagina corrispondente.
Su questa strategia di remarketing iniziamo a contare i risultati veri e propri: micro e macro conversioni, tasso e costo per conversione, conversioni intermedie e tutto ciò che possa riguardare una valutazione dell’efficacia effettiva dell’inserzione nel muovere l’utente a azione sulle nostre pagine.
3. Remarketing sequenziale (o progressivo)
Terza, e assolutamente non meno importante, strategia è quella di remarketing sequenziale o progressivo. La logica è semplice: talvolta è necessario più tempo all’utente per comprendere a fondo perché dovrebbe scegliere proprio noi e i nostri prodotti. Dopo l’abbandono del sito, vengono così erogati verso l’utente annunci diversi, in progressione.
L’obiettivo è duplice: da un lato evitare la banner blindness (la cecità al banner, che si verifica quando a furia di vedere lo stesso annuncio iniziamo a associarlo a rumore di fondo) mostrando sempre lo stesso annuncio in remarketing all’infinito (come potrebbe accadere con una strategia di remarketing generico), dall’altro educare l’utente un passo alla volta.
Un esempio? Un e-commerce di abbigliamento potrebbe offrire tempistiche, spese di spedizione e di reso eccellenti ma sarà difficile che ogni utente semplicemente atterrato sul sito ne sia immediatamente consapevole e usi queste informazioni per decidere di acquistare. Attraverso un remarketing sequenziale potremmo inseguire l’utente mostrando, per alcuni giorni, un primo blocco di annunci che descrivano la velocità di consegna. Dopo qualche giorno alternare l’annuncio con un messaggio rivolto invece al basso costo per la spedizione e, dopo qualche giorno ancora, parlare della sicurezza di un reso rapido e indolore. Arrivando, infine, ancora alcuni giorni dopo a mostrare un pratico promo-code per stimolare il primo ordine con una piccola percentuale di sconto.
Un remarketing sequenziale è l’ideale per riprendere il contatto con l’utente – a diversi livelli del funnel di conversione – rimarcando ciò che eventualmente può essere sfuggito. L’esempio di cui sopra può essere ideale per un utente che ha abbandonato il carrello, ma la stessa logica si può applicare a tutti i livelli, dalla semplice visita esplorativa sino all’utente che non conclude l’ordine per un dubbio in fase di checkout.
Includi gli elenchi, escludi gli elenchi
Detta così, può sembrare piuttosto semplice.
Eppure, so che stai pensando: “Francesco, tutto molto bello, ma come si fa in pratica?”.
Potremmo dire che il bello delle strategie di remarketing è che queste ruotano sugli elenchi di pubblico e sulla loro inclusione/esclusione in ciascuna campagna.
Vedi, non c’è davvero una grande differenza tra una campagna diciamo “standard”, erogata a un pubblico definito ad-hoc nelle diverse piattaforme, rispetto a una campagna in remarketing. Ciò che fa la differenza è la rosa di opzioni dello specifico mezzo (AdWords e Facebook Ads, principalmente) che ci sono offerte costruire i diversi segmenti di pubblico, separando una fetta di persone da tutti i visitatori. Una volta costruito il pubblico, l’unico promemoria davvero utile è quello di organizzare le proprie campagne in modo che non vadano in sovrapposizione tra loro. Mi spiego.
Semplificando, se hai in mente di progettare diverse campagne che colpiscano:
- gli utenti in vista alla homepage
- gli utenti che hanno visto una categoria di prodotto
- gli utenti che hanno visto un prodotto
Allora avrai bisogno di costruire, come dicevamo, tre distinti elenchi di pubblico. Fin, qui tutto bene. Nell’impostare il pubblico per ciascuna campagna, escluderai il pubblico delle altre due. Così, nella campagna che colpisce gli utenti in vista alla homepage andrai a escludere il pubblico di utenti in visita su una categoria di prodotto e sul prodotto specifico.
Proseguendo così, a cascata, avrai modo di sviluppare campagne verticali, dove potrai riservare una specifico investimento e una altrettanto specifica strategia di offerta al pubblico designato.
L’equilibrio ideale
La soluzione ideale?
Un mix di tutti e tre gli approcci.
Si tratta di ragionare su un’architettura di campagna più complessa? Certamente.
Richiede maggiore budget, poiché più campagne sono attive in contemporanea? Sicuro.
Tuttavia, i vantaggi sono innegabili e rappresentano quanto di meglio potremmo chiedere, da clienti finali, a un e-commerce che miri a fare davvero la differenza.