Come far funzionare in modo efficiente ed efficace un team marketing? Come riuscire a rispettare tempi e costi di un una campagna di comunicazione? Come redigere un piano marketing in un contesto economico-sociale così fluttuante?
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ToggleSono domande naturali per chi deve organizzare uno staff marketing e allo stesso tempo raggiungere obiettivi di business sfidanti con budget sempre più limitati.
Se stai leggendo questo articolo significa che hai sentito parlare dell’approccio agile (probabilmente pronunciato all’inglese, “àgiail”) il quale nasce per rispondere alle esigenze della nuova società liquida, dove l’unica certezza è l’incertezza.
Ti starai informando sull’argomento attraverso siti, paper e podcast. Probabilmente ne avrai trovati molti, ma il tuo problema è un altro, ed io lo so: la maggior parte dei contenuti si riferisce ad applicazioni in ambito IT e sviluppo software. Ma per il marketing?
Il lavoro di un social media manager, ad esempio, è molto diverso da quello di uno sviluppatore Python. Non preoccuparti, qui parleremo proprio di questo: Agile per il marketing!
Il marketing in contesti complessi
Il mestiere del marketer è tanto entusiasmante quanto frenetico.
Pensiamo a chi lavora in agenzia: clienti che chiamano in continuazione o mandano email aventi rigorosamente come oggetto “urgente”; interruzioni continue da colleghi; il project manager che chiede a che punto siamo con i lavori; la ricerca spasmodica degli ultimi trend del web perché essere indietro significa essere morti.
E ovviamente portare avanti il lavoro vero e proprio: creare la nuova compagna Instagram per il back to school; scrivere un articolo del blog; moderare l’ultimo commento sulla pagina Facebook; controllare gli analytics a seguito delle modifiche SEO.
Anche chi lavora in ufficio marketing di un’azienda ha le sue gatte da pelare: i budget sempre lì come una spada di Damocle, il capo che convoca riunioni senza preavviso, i fornitori da sollecitare perché non rispondono mai in tempo, il sales che si lamenta per il calo dei lead degli ultimi 2 – ben due – giorni, la prossima fiera da organizzare…
Per non parlare degli imprevisti che stravolgono tutti piani, ne vogliamo parlare del maledetto Covid-19?
Un film già visto, vero?
È normale: viviamo e lavoriamo in un contesto che viene da molti definito VUCA, ovvero volatile, incerto, complesso e ambiguo (l’acronimizo di Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity).
Premesse importanti
Prima di entrare nel vivo dell’argomento, vorrei condividere quattro considerazioni che stanno alla base di questo articolo: due sono buone notizie, due un po’ meno.
Partiamo dal primo punto positivo. Agile, a livello di approccio, è fisiologicamente perfetto per il nostro settore, specialmente per l’area digital: disponibilità di dati, velocità di esecuzione, ottimizzazione continua, centralità della soddisfazione del cliente, interdipendenza delle attività.
La seconda buona notizia è che è già stato “codificato” un Agile per il marketing, Agile Marketing per l’appunto. È l’oggetto di questo articolo, seppur prendendomi la licenza di aggiungere delle note empiriche.
Passiamo al primo punto meno positivo, che poi corrisponde alla vera sfida di chi si fa alfiere di questa trasformazione.
Alcune condizioni previste dall’Agile “tradizionale” sono incompatibili con il nostro lavoro, specie se si opera in agenzie/uffici marketing di piccole o medie dimensioni:
- lo staff dovrebbe essere dedicato a un progetto per volta (quindi non lavorare su più progetti contemporaneamente);
- il team dovrebbe essere “stabile” e collocato nello stesso spazio fisico (quindi non dividersi in diversi team, in base ai progetti che si segue, magari dislocati su diversi uffici o in smart working;
- i ruoli sono tre: un product owner (o marketing owner), uno scrum master (o process owner) e il dev team (o marketing team). Attenzione: i membri del team dovrebbero essere cross-funzionali, ovvero avere delle competenze tecniche tali da potersi anche sostituire. Personalmente ritengo questo difficilmente applicabile, almeno nella sua totalità, nell’ambito di un’agenzia di comunicazione: pensa a un SEO che fa social advertising, o un graphic designer il copy di un blog. La qualità del servizio non sarebbe garantita.
Infine il secondo punto dolente: salvo poche eccezioni (che riporto di seguito), è difficile trovare informazioni o case histories di trasformazioni agili che partano da zero. “Da zero ad Agile”, per usare una locuzione in stile Studio Samo.
La ricca letteratura Agile e gli stessi (validissimi) percorsi formativi spiegano come trasformare un’organizzazione tradizionale a gestione waterfall (con un project management cosiddetto predittivo) in una agile, ovvero con ad approccio adattivo.
Alcune fonti
È a seguito delle ultime considerazioni che abbiamo pensato potesse essere utile condividere una sorta di summa dell’argomento basata sulla nostra esperienza a livello di agenzia e su alcune preziose fonti che ci hanno ispirato nel cammino verso la business agility.
Partiamo da Agile Marketing Italia, la prima – e finora unica – realtà italiana accreditata nella formazione per il marketing dall’International Consortium for Agile.
In secundis le fonti in lingua inglese. Cito le risorse di AgileSherpas e alcune di pubblicazioni di nicchia: Get Started With Agile Marketing di Ben Sailer per CoSchedule, Lean Agile Marketing di Femi Olajiga ed Agile Marketing: The Incomplete Guide di Gez Smith.
Non preoccuparti, ti riassumo tutto in questo articolo. Iniziamo il viaggio!
Benefici dell’Agile Marketing
I benefici di un’organizzazione agile possono essere molti e cambiano in base alle specificità delle varie realtà.
Non dimentichiamo che Agile non deve essere il fine, bensì il mezzo per migliorare la performance del tuo team.
L’acquisizione di un approccio agile porta comunemente i seguenti benefit:
- MAGGIORE EFFICIENZA E VELOCITÀ. È forse il principale motivo che avvicina un’azienda alle metodologie agili. Attenzione: efficienza e velocità non derivano da una maggiore standardizzazione dei processi, bensì dal concentrare le forze sulle attività di maggior valore per il business. Lavorare sulle priorità reali e contingenti evita gli sprechi e accelera il time-to-market di una campagna, prodotto o progetto.
- UN TEAM PIÙ MOTIVATO. È un aspetto molto più importante di quello che si creda, poiché porta a ridurre il turnover aziendale e aiuta a reclutare i migliori talenti sul mercato. La gerarchia ridotta ai minimi termini, il maggiore coinvolgimento individuale, un ambiente di lavoro disteso e aperto, portano ad aumentare la “felicità” del team, come confermano molte ricerche tra cui quella di Forbes e CMG Partners, dove è emerso che l’87% dei direttori marketing hanno trovato team di lavoro più motivato e produttivo.
- CREAZIONE DI UNA CULTURA DI MIGLIORAMENTO AZIENDALE. La cultura di un’azienda agile abbraccia il cambiamento e le nuove opportunità, valorizza le diversità e raccoglie continui spunti di miglioramento attraverso momenti di verifica e di retrospettiva. L’uso di tecniche visuali trasparenti aiuta a focalizzare i problemi e a risolverli: la migliore visibilità sul progetto risulta essere uno dei benefit più apprezzato dal 44% dagli agile marketer (AgileSherpas/CoSchedule).
- MAGGIORE SODDISFAZIONE DEI CLIENTI. I team coinvolgono regolarmente clienti e stakehodler attraverso comunicazioni di allineamento regolari e frequenti. La trasparenza tipica dei processi agili, inoltre, trasmette un grande senso di fiducia e di collaborazione. Non solo: il decision making data-driven consente di produrre quei servizi effettivamente più apprezzati dal mercato.
Falsi Miti sull’Agile
Prima di entrare nel vivo dell’argomento, è giusto fare chiarezza sui più comuni fraintendimenti che ruotano attorno ad Agile. Sfatiamo 5 falsi miti.
Agile equivale a Scrum
Come vedremo Agile è una filosofia, pertanto i team agili possono organizzarsi in modi diversi. Scrum è uno dei framework più diffusi, ma ne esistono molti altri, Kanban ed Extreme Programming solo per fare alcuni nomi. Anche Agile Marketing è in qualche modo un modello, per quanto molto simile a Scrum. A mio parere si può considerare un team agile anche quello che utilizza pratiche proprie, l’importante è che abbracci concretamente i valori e i principi dell’agilità.
Agile è facile
Il fatto che i processi agili siano molto più snelli di quelli tradizionali non implica che siano facili da adottare. Essi richiedono una forte autodisciplina e senso di responsabilità da parte di ogni soggetto coinvolto. Sono aspetti che richiedono molto tempo per essere assimilati.
Agile è assenza di documentazione
Spesso le organizzazioni agili producono poca documentazione. Accade, è vero, non tanto perché sia un precetto dell’Agile – da nessuna parte è scritto di non documentare le attività – ma come conseguenza dell’approccio, che prevede concentrarsi sulla generazione di valore piuttosto che nella produzione di documentazioni dettagliate. Come dire, meglio impiegare il tempo nel testare nuove campagne che stilare copiose reportistiche lette da nessuno.
Agile è assenza di pianificazione
Lo vedremo in seguito, ad ogni modo la risposta è che la pianificazione c’è, eccome. La differenza, rispetto al project management tradizionale, è che può subire adattamenti o cambiamenti nel corso di un progetto.
Agile Marketing equivale a Growth Hacking
Agile Marketing e Growth Hacking possono convivere benissimo e per certi aspetti condividono un aspetto importante: sperimentare per trovare ciò che è più importante per il cliente e quindi generare più valore per l’azienda.
Il Growth Hacking è una disciplina di taglio pratico, esplosa con il digital marketing. Si fonda nella sperimentazione grazie alla quale è possibile raccogliere ed analizzare molti dati. Questi sono i driver per l’ottimizzazione delle attività di marketing al fine di accrescere il fatturato aziendale.
Agile Marketing è un approccio più esteso, basato su principi e valori, ed ha come obiettivo – oltre al raggiungimento dei risultati di business prefissati – anche la crescita delle persone e il miglioramento dell’intelligenza collettiva.
La Storia dell’Agile
Agile e il digitale. Mi chiedo se il primo fosse potuto nascere senza il secondo. Infatti è con l’avvento del digitale, e subito dopo di internet, che molte certezze nell’ambito della programmazione vengono meno e ci si dovette confrontare con nuovi paradigmi: un time-to-market più veloce, gli utenti che possono dare feedback immediati, le aziende che cominciano a disporre di dati reali sui comportamenti dei clienti.
Un mondo in cui diminuiscono le mansioni meccaniche e ripetitive (il cosiddetto defined work) e aumentano i “lavoratori della conoscenza” (knowledge workers), prima appannaggio dei ruoli manageriali: ora per molte posizioni “normali” sono richieste skill quali adattabilità, creatività e problem solving.
È così che gli approcci di project management tradizionali predittivi – i modelli waterfall – iniziano a mostrare la loro inadeguatezza. Specie negli ambienti dove il digitale ed internet sono centrali, come l’ingegneria software.
Una veloce parentesi. Spesso parlando della storia Agile si fa riferimento al cosiddetto Toyotismo.
Il TPS (Toyota Production System), germogliato in Giappone negli anni ’70, è effettivamente il precursore di una nuova visione organizzativa più snella e atta alla riduzione degli sprechi nell’industria automobilistica.
Nacque la lean production, che va in contrapposizione all’allora imperante “catena di montaggio” di impronta fordiana.
Tuttavia ai fini del marketing, è più importante passare direttamente agli anni ’90, durante la new economy, quando iniziano a svilupparsi in varie parti del mondo le prime metodologie agili (Crystal Orange, DSDM, Scrum, Extreme Programming, ecc.).
In origine erano i Software
Utah, febbraio 2001. Diciassette esperti della progettazione e sviluppo software, appassionati di project management, si ritrovano nella graziosa località turistica di Snowbird per “parlare, sciare, rilassarsi, mangiare e trovare un terreno comune sullo sviluppo dei software”, come gli stessi raccontarono.
Lì stilarono il celebre Manifesto for Agile Software Development, oggi comunemente chiamato Agile Manifesto.
L’Agile Manifesto
L’Agile Manifesto è un documento semplicissimo (pubblicato su un sito rimasto tutt’ora invariato! https://agilemanifesto.org/), costituito da 4 valori e 12 principi. In essi è racchiusa tutta la filosofia Agile, ancora oggi il punto di riferimento per comprendere tutte i framework e metodologie che rientrano nel cappello Agile.
Traducendo in italiano e apportando un piccolo adattando in chiave marketing, diremo:
- Gli individui e le interazioni più che i processi e gli strumenti
- La collaborazione col cliente più che la negoziazione dei contratti
- Le campagne funzionanti più che le documentazioni esaustive
- Piani marketing adattivi più che rigidi piani marketing
Ovvero, fermo restando il valore delle voci a destra, consideriamo più importanti le voci a sinistra.
Quattro punti semplicissimi che, se rispettati veramente, diventano rivoluzionari.
Per dare più praticità ai valori, sono stati aggiunti i 12 principi.
Poi arrivò l’Agile Marketing
Passano gli anni. Se da una parte i team di developer che lavorano con approccio agile registrano performance migliori in termini di qualità del lavoro e di rispetto di tempi e costi, dall’altra i nuovi paradigmi del digitale dilagano in moltissimi altri settori non IT, dalle Risorse Umane alla R&D, fino ad entrare all’interno di tutta l’organizzazione aziendale.
Oggi si parla più propriamente di business agility per definire la capacità di un’organizzazione nel riconfigurare velocemente struttura, strategie, processi e competenze in grado di fare innovazione continua e cogliere le nuove opportunità che offrono i mercati.
Se ci pensi il web marketing per sua natura richiederebbe un approccio agile: internet e gli stessi utenti cambiano continuamente. Come poter essere certi che una strategia valida oggi lo sia anche domani?
Prendendo inspirazione da quanto fecero dieci anni primi i guru del software, nel 2012 l’azienda americana Mindjet organizza a San Francisco quello che fu denominato SprintZero: un incontro tra agile marketers avente come obiettivo la definizione di un documento che calasse la filosofia Agile nel nostro settore.
Nasce l’Agile Marketing Manifesto, una raccolta di 7 valori e 10 principi.
I valori dell’Agile Marketing Manifesto
- L’apprendimento validato più che opinioni e convenzioni.
Il marketing ha una natura non lineare, pertanto è molto meglio mantenere un processo di apprendimento continuo basato su implementazione-misura-apprendimento. - Collaborazione focalizzata sul cliente più che silos e gerarchie.
La collaborazione focalizzata sui bisogni del cliente produce risultati di marketing migliori rispetto a lavorare per dipartimenti e con un decision maketing gerarchico, ovvero dall’alto verso il basso. - Campagne adattive e iterative più che campagne “big bang”.
L’approccio non lineare prevede di iniziare velocemente, con strategie a breve termine, ma implementazioni continue in base agli insight raccolti. Questo approccio è quindi preferibile rispetto a quello tradizionale delle campagne “big bang”, con grandi budget e lunghe esecuzioni. - Il processo di scoperta del cliente più che predizioni statiche.
I clienti non si comportano sempre come dicono di comportarsi. Il marketing è un lavoro di customer discovery: questa un’attività richiede un costante coinvolgimento degli utenti. - Flessibilità più che pianificazione rigida.
I piani marketing devono adattarsi al cambiamento, ma questo non vuol dire che la pianificazione di per sé è negativa. Come diceva Eisenhower: “i piani non sono nulla, la pianificazione è tutto”. - Rispondere al cambiamento più che seguire un piano.
È la ripresa esatta di uno dei valori dell’Agile Manifesto del 2001. A mio parere la massima essenza dell’agilità.Fino a 20 anni fa la comunicazione era ancora monodirezionale: il brand parlava al cliente attraverso campagne di 12 mesi su radio, televisioni e giornali. Oggi ci sono le piattaforme digitali, il cliente ha un accesso illimitato alle informazioni, compara i prodotti e condivide sui social. Grazie alla web analytics possiamo regolarmente ottimizzare i piani in modalità data-driven. - Molti piccoli esperimenti più che poche grandi scommesse.
Nel Manifesto questa idea viene attribuita a un articolo del 2010 di Scott Brinker, grande esperto del MarTech. Diciamo che è (o dovrebbe essere) la base di ogni digital advertiser, quando testa una campagna prima di scalarla.
I principi dell’Agile Marketing Manifesto
Quando il team ha fatto propri questi valori, sia a livello personale che di gruppo, la trasformazione agile è ben avviata! Giungono così i principi dell’Agile Marketing Manifesto, che ti aiuteranno ad applicare il mindset nel lavoro quotidiano:
- La nostra massima priorità è soddisfare il cliente attraverso un tempestivo e continuo dialogo che gli permetta di risolvere i problemi.
- Diamo il benvenuto e pianifichiamo il cambiamento. Riteniamo che la nostra capacità di rispondere rapidamente ai cambiamenti sia una fonte di vantaggio competitivo.
- Fornisci frequentemente programmi di marketing, da un paio di settimane a un paio di mesi, con una preferenza per la tempistica più breve.
- Un ottimo marketing richiede uno stretto allineamento con l’area business, le vendite e lo sviluppo.
- Costruisci programmi di marketing intorno a individui motivati. Offri loro l’ambiente e il supporto di cui hanno bisogno e fidati di loro per portare a termine il lavoro.
- L’apprendimento, attraverso il ciclo di feedback build-measure-learning, è la misura principale del progresso.
- Il marketing sostenibile richiede di mantenere un ritmo e una pipeline costanti.
- Non aver paura di fallire; basta non fallire allo stesso modo due volte.
- L’attenzione costante ai fondamenti del marketing e un buon design aumentano l’agilità.
- La semplicità è essenziale.
L’Agile Marketing Step by Step
Agile non lo puoi comprare. Non lo puoi copiare. E non è una questione di team: un grande team nell’ambiente sbagliato non funziona.
Agile è il risultato della cultura e dei comportamenti dell’intera organizzazione.
Per questo non esiste un metodo univocamente valido per “agilizzare” un’agenzia di comunicazione o un dipartimento marketing.
Ciò premesso, possiamo affrontare l’Agile Marketing lavorando su quattro grandi aree, che illustriamo nei prossimi paragrafi.
Acquisire il mindset, ovvero perché essere semplici è difficile
Agile è difficile perché è semplice. Sembra un ossimoro, ma non lo è.
I framework agili hanno pochissime regole e un processo (teoricamente) banale. Il problema è che questo non può funzionare senza l’acquisizione del corretto mindset.
Come si acquisisce la mentalità agile? Domanda da un milione di dollari, a cui io risponderei nel modo più semplice: assimilando i principi e valori del Manifesto. E poi pratica, tanta pratica.
Organizzare il team marketing
“Un team di marketing Agile può essere definito come un insieme di persone con competenze complementari necessarie per pianificare ed eseguire campagne di marketing, utilizzando processi snelli e agili per aumentare la velocità e l’efficienza del completamento dell’attività”
Dal libro Agile Marketing di Deborah Ghisolfi
Infatti l’approccio Agile prevederebbe che i membri del team siano cross-funzionali.
Da agilista poco ortodosso quale sono, affronto questo aspetto con una certa difficoltà, poiché trovo in ambito marketing professionalità tecnicamente troppo diverse. Ne parlavamo anche all’inizio di questo articolo.
Solo per fare qualche esempio, faccio fatica a pensare che un SEO possa sostituire un videomaker, oppure un web developer un social media manager, o ancora un art director il media planner.
Tuttavia questo non deve togliere il fatto centrale: le figure specialist dovrebbero avere una visione completa del progetto. Anzi devono averla, poiché l’essenza di un team agile è lavorare per il medesimo obiettivo.
Pertanto per organizzare il tuo team costruisci le cosiddette competenze T-shape, ovvero ogni membro del team deve avere sì una conoscenza approfondita del proprio ambito, ma anche una conoscenza base degli altri.
Le decisioni del top management
Potrebbe sembrare un’affermazione anti agile o un retaggio di epoche passate, ma la questione è questa: per costruire un team marketing agile è necessario che il top management ci creda o almeno appoggi questa linea.
Tutte le opinioni sono importanti, per questo ci sono i brainstorming e le riunioni di problem solving. Tuttavia alcune decisioni devono essere prese top-down affinché tutto il team possa seguirle.
I ruoli
È importante disporre di un team cross-funzionale per evitare la nefasta cultura del “non fa parte del mio lavoro”. Ogni membro della squadra deve avere a cuore gli obietti del progetto.
Allo stesso tempo è cruciale che sia sempre chiaro chi fa cosa.
Se non definisci i ruoli è difficile applicare un sistema di gestione efficiente. Le persone devono sapere cosa ci si aspetta da loro e quando il loro compito è da considerabile “fatto”.
Al di là dei job title dell’organigramma, a livello concettuale un team marketing agile deve essere immaginato in 3 ruoli, gli stessi proposti dal framework Scrum da cui l’Agile Marketing prende moltissimi spunti.
- Il marketing owner (o product owner) è colui a cui spetta stabilire le priorità delle cose da fare. È il principale decision maker del team poiché ha rapporti diretti con il business (il cliente se si è in agenzia, il top management se si è in azienda) e ordina il backlog (tra poco spieghiamo cos’è). Per fare una forzatura, è una figura che possiamo avvicinare a quella del product manager. Dovrà avere competenze sia tecniche che personali.
- Lo scrum master (o process owner) ha come principale responsabilità l’ottimizzazione del processo, gestisce le riunioni, aiuta tutto il team nella rimozione di eventuali problemi. La sua è una leadership di servizio, non per niente viene spesso associato a un coach. Ancora una volta, se facciamo una comparazione con il project management tradizionale, è una figura che possiamo avvicinare a quella del project manager. Aggiungo una constatazione personale che sicuramente non piacerà ai puristi: non tutte le organizzazioni possono permettersi uno scrum master dedicato, quindi il suo ruolo potrebbe essere preso dal marketing owner o da un membro del team. Certamente deve essere una persona con marcati soft skill.
- Il team member si prende cura dell’esecuzione tecnica del lavoro. Pertanto chiunque non sia marketing owner o scrum master è un team member. Costui non ha un capo che gli sta con il fiato sul collo, poiché è autonomo nel prendere le decisioni che riguardano la propria attività. Grazie ai meeting previsti e alla trasparenza, ha sempre una visione completa del progetto.
La dimensione del team
Agile predilige piccoli team, composti solitamente tra le 3 e le 9 persone, a cui si aggiungono il marketing owner e lo scrum master.
- Perché non meno di 3: il team probabilmente non avrebbe tutte le competenze necessarie per svolgere le attività richieste dal progetto.
- Perché non più di 9: con team di grandi dimensioni sarebbe maggiore il rischio di problematiche di coordinamento.
“Two pizza rule”. È il celebre principio che Jeff Bezos impose in Amazon fin dagli albori: ogni team interno, per essere produttivo, deve essere abbastanza piccolo da potersi sfamare con un paio di pizze.
Oggi la regola delle due pizze è ancora in vigore, il colosso di Seattle è un caso clamoroso di adozione Agile su vastissima scala.
Tutti diversi, tutti sono responsabili
Un ambiente agile ama la diversità di background. La diversità è un valore che arricchisce un team poiché idee e punti di vista differenti portano a trovare soluzioni innovative.
Anche se vi sono ruoli e responsabilità definite, non significa che vi sia gerarchia rigida. Usiamo il principio del flat team.
Anche il marketing owner, ad esempio, è responsabile delle priorità del backlog, ma non necessariamente stabilisce come esse devono essere svolte. Ha responsabilità sul what e non sull’how. Quest’ultimo spetta al team member che deve svolgere la specifica attività.
Abbiamo così il concetto di empowerment diffuso.
Creare il backlog
Ogni ufficio marketing/agenzia di comunicazione brulica di idee. Alcune sono buone, altre meno. Altre ancora sono ottime. Alcune idee possono essere valide solo nell’immediato, altre invece “sempreverdi”.
A questo punto le due esigenze sono: evitare di disperderle e organizzarle.
Qui entra in ballo il marketing backlog. È una cosa che può essere visualizzata in molti modi, dai semplici post-it su una lavagna a board digitali.
Il marketing backlog non è solo una semplice to do list: è un archivio di storie prioritizzate.
Ogni storia dovrebbe essere impostata nel seguente modo:
- come [MARKETER], vorrei [IDEA], così che possiamo risolvere [IL PROBLEMA].
Ad esempio, un’attività di link building potrebbe essere vista in questo modo:
- come SEO, vorrei ACCRESCERE IL TRUST DELLA CATEGORIA X DEL MIO E-COMMERCE, così che ESSA POSSA MIGLIORARE IL POSIZIONAMENTO ORGANICO E FARSI FACILMENTE TROVARE DAGLI UTENTI.
L’Agile “ortodosso” prevederebbe un approccio più customer centrico, ovvero che la storia venisse impostata dal punto di vista del cliente (“come BUYER PERSONAS vorrei che…”). Personalmente trovo più applicabile l’approccio del marketer.
Qual è il livello di dettaglio di una storia? Nel marketing backlog può essere ancora abbastanza generica. Pensa che nei progetti particolarmente complessi, le storie vengono organizzate in livelli ancora più alti e ampi, chiamati temi (themes) ed epiche (epics).
Da chi deve essere elaborato il marketing backlog? Inizialmente dal marketing owner in base agli input ricevuti dall’area business (gli obiettivi). Ma una volta avviato il progetto ogni membro del team potrà integrarlo e contribuire alla sua definizione.
Ricordiamoci che il marketing backlog è uno strumento vivo e accessibile a tutti.
Impostare il processo
Agile è un sistema adattivo. Se dovessimo ridurre ai minimi termini il suo processo possiamo usare tre fasi: pianificazione, ispezione e adattamento. Ripetute in continuazione in modo ciclico.
Andando più nello specifico, il marketing agile si ispira dichiaratamente ai due più celebri processi del mondo Agile: Scrum e Kanban.
Per le esigenze della nostra agenzia preferiamo l’impronta Scrum, ciò non toglie che per contesti dalle differenti caratteristiche si possa prediligere il flusso Kanban o un modello misto (il cosiddetto Scrumban).
Sprint
Come si evince dall’immagine, il cuore del processo è lo sprint.
Il concetto di sprint è piuttosto semplice. Si tratta di un periodo limitato (timebox), solitamente di 2, 3 o 4 settimane, in base alla dinamicità ed entità del progetto (di solito più un progetto è grande e complesso, più lo sprint è breve) in cui il team si impegna a svolgere del lavoro e a raggiungere uno o più obiettivi.
Mentre il cosa fare potrebbe variare durante lo sprint, l’obiettivo dovrebbe rimanere sempre lo stesso. Teoricamente se le circostanze richiedessero un cambio di obiettivi, lo sprint dovrebbe terminare anzitempo, iniziandone uno nuovo.
L’intero processo di Agile Marketing è cadenzato da 4 momenti (in Scrum chiamati events). Si tratta di 4 meeting ognuno dei quali con una specifica funzione.
Sprint Planning
Lo sprint planning è la riunione che avvia ogni sprint a cui vi partecipa tutto il team.
Il marketing owner presenta la lista delle stories all’interno del marketing backlog e, in collaborazione con il team, stabilisce cosa dovrà essere fatto entro lo sprint: queste attività costituiranno il cosiddetto sprint backlog.
Il planning è l’occasione per scomporre le storie in task vere e proprie, e discuterle in modo collegiale.
Vale la pena ricordare che stabilire le priorità dello sprint è compito del marketing owner, mentre il come fare le task spetta ai member che le dovranno svolgere.
La conclusione del meeting sarà con la definizione dello sprint goal, discusso e accettato da tutto il team.
Daily Standup
Il daily standup è una veloce riunione di allineamento che si svolge ogni giorno alla stessa ora, solitamente a inizio mattinata, con il team riunito (non è necessaria la presenza del marketing owner) attorno allo sprint backlog.
Come abbiamo visto, esso può essere sia su supporto fisico (la famosa lavagna/parete con i post-it) che virtuale (le board di Trello o Asana, ad esempio). La presenza del backlog permette di visualizzare e aggiornare in tempo reale le attività discusse.
Lo stare in piedi è un espediente agile per evitare che la riunione si allunghi più dello stretto necessario, ovvero al massimo 15 minuti, duranti i quali ogni membro del team deve rispondere a tre domande:
- Che cosa ho fatto ieri?
- Che cosa farò oggi?
- C’è qualche impedimento che mi ostacola nell’andare avanti?
L’obiettivo dello standup è assicurare la comunicazione all’interno del team e verificare che non vi siano dei problemi che rallentino la marcia delle attività previste.
È importante che il meeting mantenga il giusto focus operativo – è centrale la figura dello scrum master – senza avviare discussioni atte alla risoluzione dei problemi, che allungherebbe il tempo della riunione, snaturandone la funzionalità.
L’applicazione del daily standup può diventare complessa quando non vi sono le condizioni ideali di un’organizzazione agile, ovvero un team fisso che lavora su un progetto alla volta.
Una situazione piuttosto rara nella maggior parte delle web agency di piccole-medie dimensioni. Alzi la mano chi lavora su meno di 4-5 progetti contemporaneamente.
In questi casi possiamo dare due consigli:
- Trasforma lo standup da daily a weekly, mantenendone struttura e regole (max 15 minuti, giorno e orario fissi).
- Trasforma i team “liquidi” in team stabili, in modo che pur lavorando su più progetti, lo staff coinvolto sia sempre lo stesso, con relativi benefici di affiatamento e comunicazione di scala.
Sprint Review
Alla fine dello sprint arriva il momento della revisione.
Attenzione, qui entra in gioco un’altra particolarità: la sprint review è aperta a tutti gli stakeholder. Hai capito bene, nella riunione in cui il team si raccoglie per verificare il raggiungimento degli obiettivi di sprint, possono partecipare anche i clienti e i C level aziendali.
Per certi aspetti la sprint review ha un approccio antitetico rispetto ai tradizionali report mensili o SAL (Stato Avanzamento Lavori):
- Il team non dovrà riepilogare in dettaglio il lavoro svolto, bensì dimostrare i risultati raggiunti dalle campagne marketing. Diventa quindi importante avere definito i KPI di progetto.
- Gli stakeholder coinvolti in modo attivo, potranno dare feedback sul lavoro svolto e aggiornare il team su eventuali cambiamenti di mercato, nuove esigenze o priorità di business.
Non solo: ricordi il settimo valore dell’Agile Marketing Manifesto? “Molti piccoli esperimenti più che poche grandi scommesse”. Ebbene, la review diventa un momento in cui condividere i risultati degli A/B test: in questo modo le decisioni di progetto saranno basate non più su elemento soggettivi, bensì su dati effettivi.
Si badi bene, la sprint review non è un meeting per gli stakeholder, ma con gli stakeholder.
Infatti può capitare che i clienti o superiori non vogliamo/possano partecipare al meeting. In questo caso poco cambia: la cerimonia si svolge regolarmente, con i membri del team che illustrano i risultati al marketing owner, la figura all’interno del progetto portavoce dell’area business.
Retrospective
La retrospettiva è un evento tanto importante quanto trascurato da molti team.
In qualche modo richiama ben tre dei dieci principi dell’Agile Marketing Manifesto: il quinto, il sesto e l’ottavo. Quest’ultimo in particolare: “Non aver paura di fallire; basta non fallire allo stesso modo due volte.”
La retrospective è uno degli strumenti più potenti dell’approccio Agile per creare un piano di miglioramento continuo.
La cadenza non è necessariamente regolare, può avvenire quando si sente il bisogno, solitamente al termine di uno sprint delicato o quando si notano cali di performance, incomprensioni, ecc.
Il team fissa questo momento di riflessione per ispezionare non solo le difficoltà legate ad attività, ma anche a processi o strumenti utilizzati, fino ad eventuali frizioni interpersonali.
Per quanto appaia assurdo, i team agili maturi effettuano le retrospettive più frequentemente di quelli meno maturi, poiché hanno compreso pienamente l’importanza del miglioramento continuo.
Potrai trovare libri interi sulla gestione di questa cerimonia. Tieni presente che sarà fondamentale contare su una figura di facilitazione, che sia lo scrum master o un agile coach esterno.
Durante la sprint retrospective il team si pone le seguenti domande:
- Che cosa è andato bene?
- Che cosa non ha funzionato?
- Quali impedimenti ostacolano il team?
Attraverso l’individuazione degli errori e delle buone pratiche, il team potrà migliorare, riducendo così i rischi di fallimento del progetto stesso e capitalizzare la lezione appresa per i progetti futuri.
Comunica, collabora, adatta
Come noterai il succo del processo Agile sono dei meeting prestabiliti con specifiche funzioni.
La comunicazione tra le persone è la vera essenza dell’agilità, non per niente ricorderai che il primo valore del Manifesto recita che gli individui e le interazioni sono più importanti di processi e strumenti.
Il mindset agile sfrutta la tecnologia ma predilige la comunicazione face to face. A chi sostiene che il processo prevede troppi meeting, io rispondo sempre così:
- Parlarsi regolarmente di persona riduce notevolmente la quantità di email, messaggi, chat, e quindi del tempo per farlo.
- Se è innegabile che i meeting non risolvono l’annoso problema della comunicazione, è anche vero che essi la facilitino molto.
- È provato che la comunicazione non verbale incida molto di più di quella verbale. Secondo la famosa ricerca del professor Albert Mehrabian, nella comunicazione il linguaggio del corpo conta per il 55%, il tono di voce per il 38%. Il verbale vero e proprio solamente il rimanente 7%.
- Lavorare sulla comunicazione è indirettamente il modo più efficace per migliorare la collaborazione. Un team di professionisti appassionati e che comunicano tra loro in modo aperto e trasparente, porta sempre a un affiatamento e a una forte collaborazione.
Allo stesso tempo siamo ben consci che, per come sono strutturate mediamente le organizzazioni che lavorano nel marketing in Italia, diventa complicato applicare scrupolosamente tutte le cerimonie viste finora.
Confesso che a volte io stesso modifico alcuni processi canonici per poterli applicare realisticamente nel contesto in cui opero, facendo appello a due concetti che mi stanno a cuore: il buon senso e il pragmatismo.
Abbiamo quindi visto che il daily standup può diventare un appuntamento settimanale, per renderlo compatibile con la gestione di più progetti contemporaneamente.
Un altro adattamento che abbiamo introdotto in Studio Samo è quello di unire la sprint review con lo sprint planning, in modo da ottimizzare la fine di uno sprint con l’inizio di uno nuovo.
Questo può chiaramente avvenire solo per le review che si svolgono internamente, senza la presenza degli stakeholder.
Cinque passi per iniziare!
L’Agile è un mindset che va metabolizzato, quindi non preoccuparti se la carrellata di principi, valori, concetti e processi ti ha un po’ intimorito.
Ora è importante fare i primi passi!
Il come può dipendere da diversi fattori, in primis il contesto aziendale: la volontà di “agilizzare” i processi parte dal top management (top-down) oppure da qualche figura all’interno del team (bottom-up)?
In entrambi i casi potrai farti aiutare da consulenti e trainer di business agility, anche in Italia ve ne sono di molto bravi.
Di seguito riportiamo i 5 step per iniziare suggeriti dagli esperti di AgileSherpas, che riteniamo a nostra volta validi.
1° Step: Crea una lista
È la lista che contiene il lavoro che tu e il tuo team avete pianificato da qui ai prossimi 2-3 mesi. Chiamala pure backlog, così inizierai a usare la terminologia Agile.
Il punto più importante della lista è la prioritizzazione delle attività: ciò che è prioritario va sopra, ciò che non lo è va sotto.
Cosa dobbiamo mettere nella lista? Semplice: tutto, dalla singola task alle idee più strategiche. Il backlog diventa così il quadro di massima del progetto.
Idealmente il team di lavoro dovrebbe fare riferimento allo stesso backlog, in modo che le priorità siano univoche. La cosa diventa complicata quando si ha a che fare con uno staff che lavora su più progetti e in team diversi.
A questo punto potrai scegliere se individuare un team pilota per farlo lavorare su un singolo backlog, oppure se creare una lista per ogni progetto, un po’ come facciamo in Studio Samo.
2° Step: Visualizza il lavoro
Hai una lista di attività ordinate dall’alto verso il basso per priorità: molto bene. Ora va attivato il flusso del lavoro.
Per far questo usa uno strumento di visualizzazione condiviso. Questo ti permetterà di vedere quante attività si stanno svolgendo e se vi sono dei pericolosi colli di bottiglia.
Non lavorando ancora in sprint, potresti usare la board Kanban, anche sfruttando tool come Trello o Asana.
La cosa diventa più efficace se su ogni task in “ready to” viene indicata la persona che l’ha presa in carico.
Prima di preparare la board definisci bene con il team questi punti:
- chi può fare creare le richieste di lavoro;
- con quali criteri avviene la prioritizzazione;
- una volta preso in carico un’attività, cosa deve succedere.
3° Step: Poni un limite al Work in Progress
Limitare il numero delle attività che si svolgono in contemporanea – il cosiddetto work in progress o WIP) è un fattore che porterà all’aumento della produttività del tuo team.
Certo, è più facile a dirsi che a farsi, penso ancora una volta al contesto che ben conosciamo dell’agenzia di comunicazione, dove i progetti sono numerosi e richiedono un controllo quotidiano. A cui dobbiamo sommare la cattiva abitudine dei colleghi che richiedono il “favore” urgente all’ultimo minuto: quanto è difficile dire di no?
Devi tenere a mente una cosa semplice: puoi raddoppiare la velocità di esecuzione di un lavoro dimezzando il numero di cose che stai facendo. Il tutto con molto meno stress.
Ad esempio, se in una settimana hai in programma una decina di task da svolgere, potresti pensare di farne 5 i primi giorni, e 5 nei successivi.
Una buona parte del miglioramento della produttività deriva proprio dall’eliminazione del cosiddetto context switching: la fatica mentale di spostarsi da un progetto all’altro.
L’aiutante di questa tua “missione” sarà proprio il backlog: quando ti arriverà una richiesta potrai dire sempre di “sì”, semplicemente inserisci la task sopra, sotto o in mezzo, in base all’effettiva urgenza della stessa.
Se la metti sopra, tutti sapranno che quello che sta sotto verrà svolto successivamente.
A questo punto non ti resta che definire quale sarà il WIP massimo del tuo team, e riportarlo sulla board. Se ad esempio stabilisci che il tuo team di 4 persone non può fare complessivamente più di 20 attività alla volta, sai che non si potrà iniziare la ventunesima finché almeno una sarà portata al termine.
Appena diventi confidente con questo strumento, potresti ottimizzare ulteriormente il lavoro stabilendo il WIP per singolo membro e per ogni fase del lavoro. Bello, no?
4° Step: Stabilisci le riunioni indispensabili
Per raffinare il processo sarà necessario iniziare ad adottare alcuni meeting. AgileSherpas ne suggerisce due: il daily standup e la retrospective.
Per il daily standup potresti anche valutare di non seguire le tre domande classiche – cosa ho fatto ieri? Cosa farò oggi? Ci sono alcuni impedimenti? – e focalizzarti sulla board, se questo risultasse più coinvolgente per il team.
Ricordiamoci sempre che l’obiettivo di un meeting è più importante del suo format. Focalizziamoci sul favorire la collaborazione, la responsabilizzazione e portare ad azioni rapide.
La retrospettiva è un incontro vitale per il miglioramento del processo agile. Se non sai da dove partire ecco alcune dritte:
- fissala ogni due settimane;
- prevedi almeno un’ora di tempo;
- fatti aiutare da un facilitatore esterno che aiuti a creare una condizione di sicurezza e apertura, in modo da far emergere le questioni reali.
5° Step: Confrontati con altre realtà come la tua
Rassegnati all’idea di trovare un modello già esistente, preconfezionato e perfetto per il tuo team marketing.
Come avrai avuto modo di comprendere, Agile non è one size fits all: questa è la sua difficoltà, ma anche la sua grande forza.
Studiare, provare, misurare e ottimizzare è l’approccio che ti aiuterà a trovare la corretta formula per le esigenze e gli obiettivi della tua organizzazione.
E quella che oggi è una formula funzionante, potrebbe non esserlo più domani. Cambiano gli utenti, cambiano le organizzazioni, cambiano le tecnologie.
L’ultimo consiglio che mi sento di darti è di prendere degli spunti dall’esperienza di altre realtà che hanno intrapreso la strada dell’agilità.
Ad esempio sulla nostra Academy abbiamo condiviso un corso di 2 ore sul digital project management in cui spieghiamo come gestiamo i progetti di web marketing in Studio Samo, prendendo ispirazione alle pratiche e ai valori Agile.
Come si suol dire, “non aspettare il momento giusto per il cambiamento, l’unico momento giusto è adesso”.