Una cosa sola per ora è certa. Il progetto Dragonfly termina ancor prima di cominciare, con Google che ha deciso di sospendere il lancio in Cina del suo “nuovo” motore di ricerca.
Se il 22 settembre titolavamo con un “Entro 10 anni ci saranno due internet, di cui uno cinese”, se a distanza di quasi un mese scrivevamo di “800 milioni di utenti e Google torna in Cina” la notizia di queste ore è che Google Dragonfly termina, almeno per ora.
Come sappiamo Google aveva fissato il lancio all’inizio del 2019, ma secondo un nuovo rapporto di The Intercept i conflitti interni tra i vari team di Google, così come una significativa resistenza da parte dei dipendenti di Google in generale, ha impedito al progetto di andare avanti.
Il CEO di Google Sundar Pichai,in una recente testimonianza davanti al Comitato giudiziario della Camera, ha dichiarato che Google non aveva intenzione di lanciare un motore di ricerca in Cina.
Il seguente estratto della testimonianza di Pichai, fornito da Google via email, smentisce quanto ipotizzato fino ad oggi:
“Right now there are no plans for us to launch a search product in China. We are, in general, always looking to see how best — it’s part of our core mission and our principles to try hard — to provide users with information. We have evidence, based on every country we’ve operated in, [that] us reaching out and giving users more information has a very positive impact and we feel that calling. But right now there are no plans to launch in China. To the extent we approach a position like that, I will be fully transparent, including with policymakers here, and engage and consult widely”.
Pichai dice che “al momento non ci sono piani per lanciare un prodotto di ricerca in Cina. In generale, cerchiamo sempre di vedere il modo migliore – fa parte della nostra missione principale e dei nostri principi di impegnarsi a fondo – per fornire agli utenti informazioni. Abbiamo prove, basate su tutti i paesi in cui abbiamo operato, che raggiungendo e dando agli utenti maggiori informazioni si ha un impatto molto positivo. Ma al momento non ci sono piani per il lancio in Cina. Nella misura in cui ci avviciniamo a una posizione del genere, sarò completamente trasparente, anche con i responsabili politici qui, e mi impegnerò e consulterò ampiamente”.
In verità la notizia coglie un po’ tutti di sorpresa perché fonti internazionali in questi mesi avevano dato quasi per concluso l’accordo con i cinesi per un Google creato appositamente con restrizioni e filtri.
Dall’America e non solo il comunicato sembra, invece, avere il sapore di un cambio di posizione, fosse solo perché durante un’apparizione sul palco in ottobre, Pichai aveva fatto trapelare di essere molto soddisfatto del progetto e che era sulla buona strada per il lancio.
Sempre dall’America arrivano ulteriori dettagli del progetto e alcune notizie trapelate vorrebbero una crescente opposizione interna a Google. Una nota scritta dai dipendenti di Google ha affermato che gli utenti cinesi sarebbero stati rintracciati e che il governo avrebbe avuto accesso completo ai dati personali, inclusa la geolocalizzazione, trasformando efficacemente il motore di ricerca in uno strumento di sorveglianza statale. In effetti, la Cina utilizza tutte le forme di tecnologia avanzata, incluso il riconoscimento facciale, per monitorare l’intera popolazione.
Sappiamo bene come la vicenda (poco importa se è vera o veritiera) non può influire direttamente sul marketing statunitense. È anche vero che comunque potrebbe essere presa ad esempio di come la pressione interna ed esterna di un paese potente come la Cina può avere a livello di impatto significativo sulla politica e lo sviluppo di un prodotto realizzato e commercializzato da una qualsiasi azienda informatica, figuriamoci poi se parliamo di una delle principali aziende che opera in Internet.
Non ci dimentichiamo di come sempre qualche settimana fa si siano palesate le obiezioni di alcuni dipendenti di Google a rendere disponibile l’AI (Intelligenza Artificiale) al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Ciò ha portato a un manifesto di intelligenza artificiale, in cui Google si impegna a non sviluppare “tecnologie che causano o possono causare danni complessivi”.
Il lavoro di Google in Cina è stato anche argomento di dibattito quando il CEO Sundar Pichai è comparso, negli scorsi giorni, davanti alla Commissione giudiziaria della Camera.
Come dicevamo Pichai ha ripetutamente affermato che la società non aveva “piani” per lanciare un prodotto di ricerca in Cina – anche se, su molti testate giornalistiche abbiamo appreso della realizzazione un motore di ricerca fittizio su 265.com come strumento di ricerca del mercato cinese.
Vedramo cosa succederà nel corso del 2019, sicuri del fatto che la Cina è un mercato troppo importante per Google che, certamente, farà di tutto per non lasciarselo sfuggire.
[via theverge.com]