Google ha dichiarato in questi giorni che le App Interstitial daranno sempre più problemi per l’indicizzazione Mobile-First.
Già venti anni fa si parlava di Interstitial dicendo, a quei tempi, che erano per il Web ciò che gli spot erano per la TV.
Chi navigava in internet nel 2000 quasi sempre si trovava davanti ad una pagina web vera e propria che appariva a tutto schermo tra una pagina web e un’altra, proprio come una classica pubblicità in televisione (da qui il termine interstitial).
E come uno spot aveva una durata temporale ben precisa che quasi mai durava meno di 5 secondi.
Il web si è evoluto e le Interstitial con esso, tanto che ormai sono sempre più presenti ed invadenti sotto forma di App.
Un classico esempio è quando navigando sia da desktop che da qualsiasi altro device un’App Interstitial sostituisce la homepage di un sito web e quindi un navigatore è necessariamente obbligato a visualizzarla a schermo pieno.
John Mueller, Senior Webmaster Trends Analyst di Google, nello scorso fine settimana ci ha detto di stare molto attenti perché se un’App Interstitial sostituisce la homepage allora sarà l’Intestitial stessa ad essere indicizzata nei risultati di ricerca e non la home.
Chiaramente questo è un problema perché è la homepage che deve essere indicizzata e nessuna altra pagina.
Mueller più precisamente dice:
“On the topic of interstitials … With Mobile-First Indexing, an app-interstitial will be problematic. If it’s robotted, your homepage might be too. If it replaces your homepage, that’s what we index.”
Come ben si capisce per quanto riguarda la correlazione tra Interstitial e Mobile-First Indexing, un’app-interstitial, se troppo invadente, creerà problemi. Se il processo è robotizzato, anche la homepage potrebbe esserlo.
Infatti Mueller dice: “Se un’app-interstitial sostituisce la homepage, questo è ciò che indicizziamo”.
Il ragionamento è tanto semplice quanto palese, ed ancora una volta i SEO e i proprietari di un sito dovrebbero pensare in primis all’usabilità del sito stesso e poi ad agevolare la lettura del contenuto.
Il problema principale in verità nasce dalle visualizzazioni da desktop dove un’applicazione interstiziale è certamente irrilevante. Quando si atterra su una pagina web dopo aver cliccato su un risultato di ricerca, specialmente da desktop, avere a tutto schermo un interstitial vuol dire “bloccare”, seppur momentaneamente la lettura del contenuto.
Ma Mueller va oltre perché da un punto di vista SEO se Google riconosce un’app interstitial come homepage allora potrebbe avere un impatto significativo sul rank nei risultati di ricerca.
Alternative alle App Interstitials
Mueller indica un articolo del blog di Google Webmaster Central che contiene esempi di alternative alle applicazioni interstiziali.
Leggendo l’articolo quello che colpisce è che siamo in presenza di pubblicazioni risalenti al 2016/17 e quindi vale sempre la regola che se venissero sempre seguite le linee guida di Google difficilmente si incapperebbe in penalizzazioni.
Ma in particolare l’articolo fornisce il seguente suggerimento per un’alternativa app interstitials:
Per ovviare al problema si potrebbero utilizzare banner che occupino una quantità ragionevole di spazio sullo schermo e che sono quindi facilmente ignorabili, anche con un semplice clic da utilizzare per eliminarli.
Prendiamo ad esempio i banner di installazione delle app forniti da Safari e Chrome; sono sempre banner che utilizzano una quantità ragionevole di spazio sullo schermo.
Per non causare problemi con l’indicizzazione mobile-first, gli interstiziali dovrebbero essere creati in modo che i motori di ricerca possano ancora vedere il normale contenuto della pagina web che sta dietro, così come farebbe l’occhio umano.
Il documento di Google ci dice anche che al contrario alcune tecniche utilizzate in modo corretto non dovrebbero recare problemi all’indicizzazione:
- Interstitial che sembrano essere in risposta a un obbligo legale, come l’utilizzo dei banner cookie o la verifica dell’età.
- Login dialogs su siti in cui il contenuto non è indicizzato pubblicamente. Ad esempio i contenuti privati come e-mail o contenuti non indicabili che si trovano dietro un paywall.
Attenzione quindi alla visibilità e all’usabilità perché come ci dicono direttamente dai piani alti di Google un’app interstitial non dovrebbe mai portare alla modifica degli URL quando un utente o un crawler dei motori di ricerca vi atterra sopra.
[via searchenginejournal.com]