Quando parli di visual storytelling per aziende ti immagine che l’attenzione sia tutta per il settore alimentare, per l’abbigliamento, per i beni di consumo comuni: per quelle aziende che hanno una tradizione narrativa sviluppata. O che magari possono rielaborare i codici del vecchio apparato pubblicitario per sfruttare la forza dello storytelling.
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ToggleIl punto chiave è questo: le aziende devono uscire da una logica di interruption marketing, non possono “interrompere” la fruizione di contenuti con un messaggio pubblicitario ma devono fare in modo che sia l’utente a cercare una storia che contenga il messaggio aziendale.
Gli strumenti indispensabili per ottenere questo risultato: emozione e informazione. Ecco perché ti immagini il visual storytelling come una materia cara soprattutto al settore B2C, al business to customer, alle aziende che devono far leva sulle emozioni del cliente finale. Del consumatore.
Certo, questo è uno dei terreni fertili del visual storytelling: la possibilità di mescolare codici differenti permette di veicolare emozioni forti senza passaggi intermediari, ma non è l’unico. Anche una grande azienda che produce turbine e grandi macchine industriali può trovare spazio nel viusual storytelling.
Questa azienda è la General Electric
Un caso studio interessante la General Electric. Nonostante sia un’azienda che – a primo impatto – non ha certo bisogno della pagina Facebook per vendere servizi o prodotti, la multinazionale fondata da Thomas Alva Edison (un nome di fiducia) è presente su diverse piattaforme per lavorare su un settore ben preciso: il visual.
La General Electric fa quello che nessuno si aspetta da un’azienda di questa caratura: non comunica con sterili post pubblicati sul blog aziendale, ma usa le immagini. E non si rivolge a un popolo di ingegneri che cercano rassicurazioni su motrici e motori: incanta i comuni mortali con foto mozzafiato. Infine insegna qualcosa a noi che lavoriamo nel settore social: ogni prodotto visual può avere una storia da raccontare.
Anche una ventola, anche un pistone può avere un significato che prescinde dal dato estetico. Anche un bullone può raccontare una storia. Molto dipende dalla foto, certo, ma la leve si ritrova nella visione aziendale, nel significato che l’azienda dà alle sue azione e nella comunicazione.
Raccontare la propria realtà
Per la General Electric i social non sono canali di vendita. La General Electric non spera di liquidare una turbina aerospaziale sui social, ma vuole raccontare una storia: vuole raccontare la sua visione del futuro, del progresso. Un progresso in cui l’uomo usa la tecnologia per migliorare il mondo: non c’è antagonismo tra uomo e macchina, non c’è inquinamento.
Scienza e tecnologia sono alleate dell’uomo. In ogni immagine c’è simbiosi, c’è un collegamento forte tra chi governa e chi e segue: questo vale per Facebook, Pinterest, Instagram e per il blog Tumblr che in alcuni casi si dimentica dell’aspetto tecnico e punta sulle emozioni, solo sulle emozioni. Facendo, ovviamente, un largo uso non solo di immagini ma anche di video e GIF.
Un dettaglio importante: la General Electric sfrutta molto il visual, ma non solo. La sua strategia di Storytelling comprende anche l’audio. Infatti questa azienda cura un canale Soundcloud nel quale pubblica rumori tecnici che diventano musica. Ascolta questo brano dedicato ai treni…
Dipende dall’azienda
Il caso della General Electric, quindi, è paradigmatico per chi si avvicina al mondo dello storytelling: il problema non riguarda il tipo di prodotto o servizio proposto. Una turbina ha meno probabilità di diventare virale rispetto a un gattino, ma se alla base della strategia di visual storytelling c’è un messaggio forte, valido e interessante da trasferire al pubblico tutto cambia.
Certo, un’azienda come la General Electric può contare sui migliori specialisti del settore e su numeri stratosferici perché è una multinazionale. Ma il suo successo nel settore Visual Storytelling affonda le radici in una pianificazione strategica, e soprattutto in un’attenta riflessione sui valori aziendali. Sei d’accordo?