Enel e il fail dei suoi #guerrieri

Ultimamente sul web si è parlato molto del Social Media Fail di Enel e della sua campagna sui #Guerrieri. Per un riassunto consiglio di guardare qui, qui, qui, qui e qui.

Per farla breve, Enel ha lanciato una campagna crossmediale su TV e Web incitando gli utenti dei social media a raccontare la propria storia in cambio di una ricompensa (una bicicletta elettronica). Niente di nuovo, un concorso volto ad aumentare l’engagement degli utenti e consolidare la presenza del brand sui social network. Purtroppo per Enel le cose sono andate storte e la campagna è stata un fail su twitter (come sia andata in generale non è dato sapere, non conoscendone gli obiettivi).

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Secondo me l’errore di Enel è stato entrare nei social network con una campagna cross-mediale diretta a Twitter come fossimo negli USA. Non hanno realizzato che Twitter in Italia è utilizzato in prevalenza da blogger, giornalisti, utenti esperti e “bimbominkia”, che non sono il target di una campagna retorica e magniloquente come questa, o dell’ENEL se è per questo. Gli influenzatori su Twitter influenzano ben poco se non riescono a uscire dal social network attraverso altri media. Probabile che davvero alla Saatchi abbiano voluto fare i “creativi” riducendosi alla macchietta parodistica della grossa agenzia pubblicitaria.

La cosa che stride è vedere la pagina FB di Enel, con un engagement bassissimo e nessuna traccia apparente di una strategia o di un community manager. Per una strategia social efficacie secondo me Enel dovrebbe partire da Facebook, con investimenti e la creazione di un social team e di un piano editoriale coerente e un investimento in pubblicità.

La scarsa attitudine social di Enel si nota anche, come sottolinea Ninja marketing, dal fatto che non ha saputo rispondere alle critiche e raccontarsi. Manca un approccio interattivo, la mentalità di Enel è troppo corporate e tradizionale, non in grado di dialogare con gli utenti parlando il loro stesso linguaggio, invece che quello freddo di una grande compagnia.

Ma non credo che l’obiettivo di Enel fosse solo quello di generare awareness su Twitter. Volevano anche mostrarsi cool e edgy con una campagna sborona e ggiovane con l’hashtag. Questo obiettivo potrebbero anche averlo azzeccato, dato che Twitter in Italia fa figo e piace ai media tradizionali ma il target generalista, che è presente su Facebook, non lo utilizza. Ché è poi il motivo per cui quello che avviene su Twitter non ha alcuna rilevanza se non esce da Twitter, ovvero se qualche giornalista o blogger non riprende ciò che è avvenuto con un articolo che lo diffonda. Mi pare che molte agenzie non abbiano ben capito come funziona Twitter, e si limitino a copiare ciò che viene dagli Stati Uniti.
Non che le Corporation non fatichino oltreoceano:

 

imagine them trying to have an actual conversation with, say, a Game of Thrones fan about the show. They couldn’t talk about many of the more controversial scenes because they’re mostly fucking, incest, severed dicks, throat-slitting, and giving birth to shadow demons. Content aside, if you talk about a certain game, CD, or movie, now other companies who have merchandise in your store can claim that you’re unfairly pushing competing products. So any attempt at an acceptable conversation ends up as:walmart

 

P.S.
Se è vero che i tentativi di crossmedialità di Enel sono stati goffi, i pavoneggiamenti di chi ha vinto la guerra virale sono parecchio ridicoli. Non ho capito se i Wu ming ci credono davvero (di aver compiuto un’azione eroica di guerriglia che ha portato alla salvezza del pianeta e all’eliminazione delle corporation cattive) o sia una posa per il loro pubblico. Affermare che “oggi molte più persone sanno cosa sta combinando Enel in America latina, sanno dei programmi nucleari Enel in Europa dell’est, sanno che in Italia sono attivi comitati di cittadini che lottano contro le centrali a Carbone o la geotermia “pulita” pare perlomeno esagerato.

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L'autore

3 risposte

    1. Dall’articolo di Ninja Marketing che ho linkato: “Il legame “battaglia – energia per vincere”, concept semplice ma tutto sommato efficace, era insomma affidato alla community degli utenti, che nelle intenzioni del brand dovevano concorrere in massa alla gara per condivere narrazioni personali e speciali attraverso la produzione poderosa di User Generated Content su una piattaforma creata ad hoc.”
      Cmq si, anche secondo me il legame è generico e forzato. Guerrieri serve a gratificare gli utenti per spingerli a raccontare la propria storia. E’ una strategia di engagement classica (“La tua storia è importante perché TU sei importante”) ma al posto dei guerrieri si poteva mettere alto, è un concept che si potrebbe adattare a praticamente qualsiasi prodotto IMO.

  1. Un’analisi molto lucida. E senza alcun approccio ideologico, a differenza di quelli di Wu Ming che – come evidenzi – si sono elevati a giustizieri dei cattivi. Ma anche a giudici di chi, secondo loro, è abilitato (da loro stessi) a parlare sui social e chi no, IMO.
    Come già hai fatto tu, io mi concentrerei sulla campagna classica. E’ lì che è stato sbagliato il concept, quell’idea di guerrieri che è risultata inopportuna, negativa, anche tetra e sinceramente offensiva per i cittadini che ormai hanno praticamente smesso di combattere, altro che guerrieri. L’impressione è che, sbagliato il concept della campagna, tutto sia venuto di conseguenza. E nessuno abbia mai pensato a fermarla, a cominciare dall’invasione in tv… Davvero, come scrivi, quelli di Saatchi hanno fatto la figura della “macchietta parodistica” dell’agenzia o, come ha scritto qualcun altro su TWitter, sembrano gente che non ha mail lavorato un giorno in vita sua…

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