Quando Google penalizza un grande marchio, chi fa SEO deve sempre fare attenzione. A Google non piace particolarmente penalizzare i grandi marchi, perché non fa una bella figura quando questi marchi non appaiono nei suoi risultati di ricerca, e l’esperienza di ricerca degli utenti viene compromessa.
Indice dei contenuti
TogglePerciò, quando Google penalizza un grande marchio, lo fa per inviare un messaggio ai SEO e ai webmaster di tutto il mondo: cioè che una particolare tattica non va bene.
La prima lezione che ho imparato è che i grandi marchi recuperano quasi sempre il loro livello di traffico entro poco tempo. Mentre per noi comuni mortali una penalizzazione può andare avanti mesi prima di ottenere una riconsiderazione, e a volte non recuperano mai completamente i loro livelli di traffico, i grandi marchi non sono soggetti a questo tipo di problemi. Questo dimostra che affidarti esclusivamente a Google per la tua notorietà non è una buona mossa se intendi costruire un business duraturo… e lo dico da esperto SEO!
In ogni caso, non possiamo ignorare i messaggi che Google ci sta inviando quando penalizza un grande marchio. In questo post ho esaminato 4 casi di grandi marchi che Google ha penalizzato, perché, e che cosa significa per noi.
1. Rap Genius
Questo incidente più recente è ancora fresco in molte delle nostre menti, ma vale la pena fare un rapido aggiornamento. Rap Genius, un sito americano dedicato alla spiegazione e all’interpretazione di testi musicali (in particolare hip hop), ha lanciato un programma di “affiliazione” in cui veniva chiesto ai blogger di pubblicare una serie di link alle pagine delle canzoni di Justin Bieber. In cambio dei link, Rap Genius avrebbe twittato il post ai suoi follower.
Poco dopo, Matt Cutts ha chiarito che Google stava controllando la cosa:
@mmasnick @RapGenius we're aware and looking into it.
— Matt Cutts (@mattcutts) 24 Dicembre 2013
Rap Genius è stato penalizzato il giorno di Natale, anche aveva già capito di averla combinata grossa e chiesto scusa. La penalizzazione è stata incredibilmente dura: Rap Genius non compariva in SERP neppure per il suo nome, praticamente cancellato dalla faccia della terra.
In risposta, Rap Genius ha realizzato un software per scaricare tutti i 178.000 link, li ha analizzati e classificati in base a quanto erano sospetti. Ha poi continuato manualmente, inviando email ai webmaster con richieste di rimozione, e rifiutando il resto con lo strumento di rifiuto dei link.
Rap Genius ha ottenuto la rimozione dalla penalizzazione in 10 giorni.
La lezione che ho imparato?
Rap Genius non stava pagando per i link, stava semplicemente offrendo tweet in cambio di link. Le linee guida di Google non dicono esplicitamente che non è permesso lo scambio di tweet per i link.
Questo dimostra che prendere alla lettera le regole di Google, per così dire, non è sufficiente. La frase più importante della pagina schemi di link di Google è proprio all’inizio:
Qualsiasi link mirato a manipolare il PageRank o il posizionamento di un sito nei risultati di ricerca di Google può essere considerato parte di uno schema di link e costituisce una violazione delle Istruzioni per i webmaster di Google. Ciò include qualsiasi comportamento che manipoli i link al tuo sito o i link in uscita dal tuo sito.
Era chiaro che Rap Genius stava facendo qualcosa che non avrebbe fatto se Google non fosse esistito.
Questo non vuol dire che non si possono mai scambiare tweet per i link. Il punto è che questo deve avere un senso come strategia promozionale cross-mediatica che porterebbe benefici anche in assenza dei motori di ricerca. In questo caso, chiaramente non è stato così. La pubblicazione di un sacco di link artificiali all’interno di post su praticamente qualsiasi cosa non è una strategia cross-promozionale che ha senso al di fuori dell’ottica SEO.
In definitiva, questo significa che non è sicura come strategia SEO.
2. The Pirate Bay
Chiamare The Pirate Bay un “grande marchio” potrebbe essere rischioso dal punto di vista semantico, visto che è ampiamente considerato come un’organizzazione illegale che offre versioni pirata di software, film e musica. Ma il modo in cui Google ha affrontato The Pirate Bay è stato un interessante spaccato di come opera il motore di ricerca, e il numero di persone che utilizzano questo sito è abbastanza grande da poter essere incluso in questa lista.
Nel settembre del 2012, Google ha iniziato a censurare The Pirate Bay , ma non attraverso una sanzione tradizionale. Invece, ha semplicemente rimosso “Pirate Bay” e molti altri termini di ricerca connesse alla pirateria da Google Instant. In altre parole, mentre Pirate Bay veniva ancora mostrato nei risultati di ricerca, Google non voleva “raccomandare” Pirate Bay a nessuno.
Con una mossa simile, Google ha rimosso l’estensione Pirate Bay ed altre estensioni simili dal Chrome Web Store nel mese di dicembre 2013.
Cosa altrettanto interessante, Google si è categoricamente rifiutato di rimuovere effettivamente The Pirate Bay dai suoi risultati di ricerca, nonostante le richieste dei detentori del copyright.
Qual è la lezione qui?
Mentre molti sostengono che Google ha saltato lo squalo “non essere malvagio” molto tempo fa, mi sembra molto chiaro in questo caso che Google vuole inviare due messaggi:
- Non approva la pirateria
- Non censura i siti web per motivi politici
Come SEO, la lezione in questo caso è un po’ complicata.
Per cominciare, Google apparentemente rimuove milioni di URL ogni anno per violazione del copyright. Questo manda un messaggio chiaro: i siti devono evitare la pubblicazione di materiale protetto da copyright senza dare credito, devono rispettare il copyright al fine di rimanere in tutta sicurezza nei motori di ricerca.
Allo stesso tempo, Google è disposto a elencare nei risultati di ricerca i siti che stanno su un terreno giuridico rischioso, se ritiene che la rimozione debba essere interpretata come una posizione politica. The Pirate Bay e siti simili hanno un grande seguito politico, e Google non è interessato a gettare benzina sul quel fuoco.
Questo ha molte implicazioni forti per quanto riguarda la potenza di un pubblico arrabbiato.
3. Mozilla
Mozilla, l’organizzazione che sta dietro al popolare browser Firefox, è stata penalizzata da Google nel mese di aprile del 2013.
Nel caso di Mozilla, la penalizzazione non è dipesa dai link. Invece l’azienda è stata penalizzata a causa di contenuti spam generati dagli utenti. Spammer aggressivi avevano inondato i commenti con link di “SEO low cost”.
Fortunatamente per Mozilla, solo una pagina del loro sito è stata penalizzata, ed è facile capire perché. Solo quella singola pagina conteneva 12 megabyte di spam.
Invece di risolvere il problema e ottenere la riconsiderazione da Google, Mozilla ha deciso di togliere semplicemente la pagina del tutto.
La lezione qui?
Google ci penalizza anche se non possiamo tenere sotto controllo lo spam, anche se non considera questo “colpa” nostra. Dal punto di vista di Google, questo è comunque un male per l’esperienza dell’utente.
Regolamentare lo spam user generated non è sempre facile. Anche se Akismet fa un lavoro abbastanza decente di prevenire questo, gli spammer a volte trovano lo stesso una strada.
La soluzione migliore per lo spam generato dagli utenti è la moderazione da parte della stessa community, consentendo agli utenti di contrassegnare i commenti come spam, e di votare i commenti “su” o “giù”, in stile Reddit.
4 Interflora
Nel febbraio del 2013, il popolare sito di fiori del Regno Unito è stato evidentemente colpito con una sanzione così pesante che da non essere più classificato neppure col suo nome. La sua visibilità nei risultati di ricerca è scesa quasi a zero.
Non ci fu mai una parola ufficiale da Google o Interflora, ma è chiaro che la loro azienda SEO stava facendo un processo di rimozione di link. Twitter è scoppiato con commenti su come Interflora stava chiedendo alle persone di rimuovere i link al loro sito.
Interflora aveva promesso l’invio di fiori gratis ai blogger in cambio di link. Già questo può essere un po’ rischioso. Le linee guida di Google dicono esplicitamente che non è possibile scambiare prodotti per link. Questo è considerato come comprare link. Se, invece, Interflora avesse semplicemente inviato fiori ai blogger sperando che mettessero il link, non avrebbero rischiato una sanzione.
Poco dopo penalizzare Interflora, Google ha avvertito i siti di non vendere i link , compresi i link nei pubbliredazionali se non hanno il nofollow. Ciò ha portato molti a ipotizzare che Interflora fosse stata penalizzata per l’acquisto di pubbliredazionali.
Si tratta di un’ipotesi ragionevole, considerando che Interflora aveva acquistato più di 150 pubbliredazionali dall’inizio di gennaio fino a San Valentino. Un enorme calo di PageRank si è verificato in un enorme numero di siti di giornali, tra cui diversi anche nazionali.
Ulteriori analisi hanno rivelato che i pubbliredazionali non erano l’unico problema. Il settanta per cento dei loro link sono stati etichettati come “tossici” o sospetti in base a strumenti di analisi specifici.
La lezione
Google non era solo disposto a penalizzare Interflora, ma anche tonnellate e tonnellate di giornali online del Regno Unito che vendevano pubbliredazionali con i link dofollow. Il fatto che Google fosse disposto a penalizzare i giornali , e non solo i blog poco autorevoli, è un dato particolarmente importante.
E’ chiaro che Google sta prendendo una posizione forte sui link a pagamento e che non discrimina in base alla qualità del sito. Che tu sia giornale o blog amatoriale, se stai vendendo o comprando link, Google agirà.
Conclusione
Questo non è affatto l’elenco completo dei grandi marchi che sono stati penalizzati da Google.Google ha penalizzato Overstock, JCP, BBC, Washington Post, BMW, WordPress… e persino se stesso! Detto questo, le lezioni sono essenzialmente le stesse. Se il sito fa spam, generato dall’utente o no, può essere penalizzato. Se si acquista o vende link, può essere penalizzato.
Ancora più importante, Google è più che disposto a prendere provvedimenti contro i grandi marchi per combattere lo spam.
Indipendentemente dalle tue opinioni su queste azioni, le implicazioni per i SEO sono chiare. La tua strategia di marketing deve essere abbastanza forte per sopravvivere ad una sanzione, e – nell’eventualità che ciò accada – saper trovare un modo per recuperare.
PS: vuoi sapere di più sulle penalizzazioni di Google? Ti aspetto al Be-Wizard!, dove parleremo di Emergency SEO.