Il Caso Barilla tra marketing tradizionale e social media marketing

Sul caso Barilla è stato scritto moltissimo da giornalisti, blogger ed esperti di comunicazione, pubblicitàsocial media marketing e marketing tradizionale.  Ho pensato di scrivere questo post per aggiungere uno spunto che non mi pare di aver letto in giro: il rapporto tra il marketing “tradizionale”, come ad esempio quello della grande distribuzione, e il social media marketing.

Ma andiamo con ordine.

Giovedì 30 settembre i social network sono scossi dai fulmini delle dichiarazioni di Guido Barlla sulla Comunicazione del suo brand e la famiglia tradizionale:

Non farei mai uno spot con una famiglia omosessuale. Non per mancanza di rispetto ma perché non la penso come loro, la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale” (Guido Barilla alla trasmissione radiofonica – La Zanzara”)

Arrivano sul newsfeed i primi post, e subito si capisce che è in arrivo un temporale. Con alcuni colleghi ci chiediamo subito come sia possibile che Barilla rilasci dichiarazioni così autolesioniste da un punto di vista di marketing (in questa sede non mi soffermerò sul punto di vista etico). Subito parte la teoria che vuole l’uscita di Barilla una strategia attentamente pianificata: l’ha fatto apposta, per rafforzare il posizionamento del brand. In realtà pare improbabile, se non altro perché i mercati esteri, che per Barilla hanno un’importanza enorme, farebbero pesare parecchio un  social media fail e l’eventuale boicottaggio. Si scoprirà più tardi che Barilla si è fatto mettere in scacco dai conduttori de La Zanzara, Giuseppe Cruciani e David Parenzo, che sono noti per mettere in difficoltà i loro ospiti per ricavarne dichiarazioni choc per i media e ricavarne visibilità. Con l’aggravante che Barilla ha chiesto espressamente di farsi ospitare.

Tra le varie analisi sull’accaduto quella più incisiva mi pare quella di Selvaggia Lucarelli:

 

Da Guido Barilla non mi aspettavo dichiarazioni diverse e trovo che quello che ha detto sia stato strumentalizzato. Ha detto di essere d’accordo con i matrimoni gay ma che uno spot Barilla con due gay non lo farebbe, Barilla ha un concetto di famiglia tradizionale. Non mi pare nulla di sconvolgente. Anche gli altri non fanno spot con famiglie omosessuali, non vedo mamma e mamma che cambiano pannolini o due uomini che si regalano i Baci Perugini. Semplicemente, sono più furbi di Guido Barilla e stanno zitti. La sua colpa è stata quella di dirlo e di dirlo usando espressioni infelici. (comprassero pure un’altra pasta, facessero quel che vogliono senza disturbare gli altri..) Barilla ha fatto l’errore madornale di spiegare le logiche della comunicazione, che sono quasi sempre ciniche, volgari o semplicemente vecchie e che proprio per questo le aziende tengono per sé. C’è chi si rivolge alla famiglia tradizionale, chi all’uomo con la gnocca in testa, chi all’adolescente cretino, chi alla donna un po’ zoccola, chi al tifoso rozzo e così via, ma nessuno te lo viene a raccontare fuori da un’agenzia di pubblicità. Può non piacere ma è così. Del resto, Barilla e chi fa pubblicità per Barilla fa, appunto, pubblicità, non politica.

Sui social ovviamente si è abbattuto un social media fail di proporzioni catastrofiche. E’ nato un hashtag chiamato #boicottabarilla e il brand è stato pesantemente accusato di omofobia e sono fioccati i fotomontaggi degli utenti:

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I competitor (tra gli altri Misura, Garofalo, De Cecco e Althea) ne hanno approfittato per mostrarsi improvvisamente gay friendly:

 social-media-fail-barilla-pasta-garofalo

misura

La mossa ha dimostrato prontezza di reazione e iniziativa, ma è stata anche criticata per essere risultata  eccessivamente calcolata e posticcia .

Scrive sempre Selvaggia Lucarelli:

 

E poi ci sono quelli tipo Garofalo che ora sono tanto amici dei gay per portare acqua al proprio Mulino non-bianco. (sulla loro pagina fb hanno scritto: “Le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta”). Come se loro facessero pubblicità progressista. Come no.

 

La pagina di Barilla nel frattempo rimaneva muta, probabilmente per direttive aziendali.

Non mi soffermo oltre sul Social Media Fail perché se n’è parlato in maniera esaustiva da molte parti, ad esempio qui, qui o qui.

Quello che invece mi interessa è confutare l’opinione diffusa tra gli esperti di marketing tradizionale, come Bruno Ballardini sul Fatto Quotidiano, per cui Barilla non solo non ha avuto danni di immagine sul mercato italiano, ma anzi è migliorato in posizionamento perché il suo target non è online e gli influenzatori non influenzano il grande pubblico.

Prendo spunto in particolare da questo ottimo post di Angela Cutrera. In particolare mi interessa questa parte:

 

Le aziende spendono centinaia di migliaia di soldi in ricerche di mercato per sapere a chi stanno parlando e come rivolgersi a loro. Ne conoscono abitudini, gusti, orari, aspirazioni. E su di esse ci basano la loro comunicazione. La campagna di boicottaggio contro i prodotti Barilla infuria nel mondo dei social network, che NON E’ il mercato di riferimento dei prodotti Barilla: chi usa Twitter è già di per sè un consumatore sofisticato rispetto al fruitore medio della televisione, vero obiettivo del signor Guido e del suo ufficio Marketing. In un Paese dove la penetrazione di Internet è inferiore al 50%, dove gli utenti Twitter sono 4 milioni, ma quelli attivi nemmeno un terzo, però tutti hanno almeno una tv a casa e fanno la spesa da Panorama o all’Eurospin e non al negozio equo e solidale né comprano la pasta che costa 50 centesimi di più al mezzo chilo, pur se rispettosa delle tante minoranze, non ci saranno ripercussioni sulle vendite della pasta Barilla tali da allarmare proprietari ed investitori. Twitter non è un gruppo di pressione significativo, ma una cerchia elitaria che al momento non è ancora in grado di produrre effetti significativi sulla grande distribuzione. Guardate che cosa è già successo con le elezioni politiche o con i programmi televisivi: Twitter non è stata rappresentativa di nient’altro che di se stessa. Con buona pace dei vari influencer che con questa qualifica ci stanno campando.

So perfettamente che il marketing della GDO (la Grande Distribuzione Organizzata) non considera il web (anni fa me lo spiegò chiaramente il direttore marketing di un’azienda padronale tipica del panorama italiano) perché il responsabile d’acquisto, madre di famiglia tra i 40 e i 70 anni, la famigerata “signora Maria”, non sa usare un computer. Anche per la politica si fanno gli stessi discorsi: l’Italia è un paese di vecchi, con scarsa alfabetizzazione tecnologica. Eppure il referendum 2011 ha mostrato che il web può influire parecchio anche in assenza degli altri mezzi di comunicazione (dimostrando allo stesso tempo di essere uno strumento demagogico oltre che potente). Perché? Secondo me proprio a causa del buzz e degli influencer. Su Facebook (non su Twitter, di cui i giornalisti parlano sempre per autoreferenzialità, dato che ci sono solo loro, e non conta un cazzo) si fa opinione, che travalica il social per entrare nella vita reale. Certo, il fatto che i media tradizionali riprendano ogni scorreggia scritta sui social aiuta, ma per me non è condizione sempre necessaria). Insomma, può capitare che il figlio della signora Maria le chieda di comprare un’altra pasta, perché su Facebook dicono che è omofoba o – e quest è una critica più efficace – che fa schifo (molti per uscire dalla retorica dell’indignazione hanno utilizzato questa tecnica). La Barilla rischia di favorire i competitor che si sono buttati senza ritegno sulla faccenda, scoprendosi improvvisamente gay friendly in maniera paracula. E anche se il target è diverso gli scaffali sono limitati. E’ un po’ come il PD che ha sperato di vincere le elezioni tenendosi stretti i suoi elettori rifiutando gli altri e se l’è presa meritatamente in quel posto.

Certo, non credo neanch’io che le ripercussioni su Barilla saranno eccessive ma mi pare che alcune aziende italiane sottovalutino eccessivamente il social media marketing. Insomma, Barilla non avrà grossi danni sul mercato italiano ma li avrà. E sul lungo periodo sottovalutare i social network lo potrebbe penalizzare notevolmente.

Tutto questo vale ovviamente per il mercato italiano, dato che penso che Barilla sia molto più preoccupato per il mercato estero, dove un caso del genere può costargli moltissimo (e infatti le scuse erano in inglese)

Aggiornamento: Pare che Barilla si stia muovendo nella direzione giusta, dato che sta pubblicizzando un post di scuse di Guido Barilla in italiano

 

Barilla Scuse

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