Google Analytics è ormai da tempo sulla bocca di tutti coloro che lavorano con il web. Il fatto è che, proprio perché si tratta di uno strumento quasi dato per scontato, ancora in molti si limitano a gironzolare tra qualche report, cogliendo di tanto in tanto qualche segnale interessante. Limitandosi a osservare più ciò che emerge dell’acqua rispetto al notare l’iceberg sotto la superficie.
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ToggleSe hai sempre voluto comprendere più a fondo Google Analytics, oggi vorrei darti qualche spunto concreto.
Una nota prima di iniziare: i dati che trovi riportati negli screenshot sono relativi all’account dimostrativo di Google Analytics. Un account pienamente configurato, reso disponibile per tutti gli utenti da Google e relativo ai dati – reali – del Google Merchandise Store. È un ottimo punto di partenza per chi volesse replicare quanto vedremo nelle prossime righe.
Dimensioni e metriche
Tutto ciò che vedi in Google Analytics si compone di dimensioni e metriche. Comprendere il loro ruolo ci aiuterà a destreggiarci tra diverse e preziose funzionalità nascoste in bella vista.
Le dimensioni sono attributi dei dati. Per esempio, la dimensione “Pagina” riporta sulla tabella l’URL della pagina. La “Città” può riportare “Torino” e così via. Le dimensioni vengono mostrate nelle righe.
Le metriche, invece, sono misurazioni quantitative. Numeri, per dirla in parole povere. La metrica “pagine/sessione” riporta il numero medio di pagine visualizzate per ogni sessione degli utenti. Le metriche sono riportate nelle colonne.
Se guardi attentamente, noterai che le colonne presenti in moltissimi report sono suddivise in tre blocchi: metriche legate all’acquisizione, al comportamento e alla conversione. Anche in questo caso Analytics si rifà in senso più ampio al percorso di inbound.
Perché dimensioni e metriche, insieme definiscono un contesto. È incrociando le dimensioni (in riga) con le rispettive metriche (in colonna) che possiamo ottenere risposta a precise domande. D’altronde, sapere a quanto ammonta la frequenza di rimbalzo, come numero in sé, senza relazionarlo alla pagina su cui questa si verifica (o la sorgente dell’utente, o il tipo di utente nuovo/di ritorno) avrebbe ben poco senso, non credi?
Dimensioni primarie
Siamo abituati a navigare in Google Analytics passando da un report all’altro, senza neppure farci troppo caso. Tuttavia è importante focalizzare un aspetto: ogni report ha una sua dimensione primaria, riportata in alto nella tabella.
Per esempio, il report “Acquisizione” > “Tutto il traffico” > “Sorgente/Mezzo” riporta come dimensione principale proprio “Sorgente/Mezzo”. Fin qui tutto, bene.
Insieme alla dimensione principale, un report può in alcuni casi mostrare la possibilità di passare a un’altra dimensione principale. Nel caso del nostro esempio, possiamo scegliere “Sorgente”, “Mezzo”, “Parola chiave” o un’altra qualunque delle dimensioni presenti sulla piattaforma facendo clic su “Altro”.
Dimensioni secondarie
Una delle opportunità più interessanti in Google Analytics è data dall’uso delle dimensioni secondarie. Semplificando, è possibile aggiungere un’ulteriore dimensione a quasi qualunque report, per suddividere i dati forniti dalla dimensione principale. Facciamo un esempio?
Nel report “Pubblico” > “Dispositivo mobile” > “Panoramica” ritrovo normalmente la panoramica (appunto) delle categorie di dispositivi che gli utenti hanno impiegato per accedere al sito. Di base, questo report mostra “desktop”, “mobile” e “tablet”.
Per aggiungere una dimensione secondaria, tutto ciò che serve è fare clic su “Dimensione secondaria” nell’intestazione della tabella e scegliere da un vasto elenco ciò che reputo interessante per la mia analisi. Diciamo che la mia scelta cada sulla dimensione secondaria “Sorgente”.
Applicando la nuova dimensione al report, la tabella si estenderà e, insieme alla categoria dispositivo ritroverò anche la specifica sorgente di traffico. Ordinando questa tabella per “Utenti” in ordine decrescente, potrò a questo punto rilevare come il maggior numero di utenti sia in ingresso da dispositivo desktop, dalla sorgente “google”, seguito a ruota da utenti in ingresso da mobile, sempre provenienti da “google”.
Scegliere la giusta dimensione secondaria non è affatto scontato. Tutto dipende dalla domanda che abbiamo in mente – perché l’analisi dei dati di traffico nasce sempre da una domanda precisa – e talvolta è possibile ottenere la stessa risposta attraverso più report.
È interessante sottolineare come l’uso di dimensioni secondarie vada a nozze con il filtro di ricerca avanzato della tabella. Se infatti normalmente, “cercando” sulla tabella attraverso il box visibile in alto a destra, questa viene filtrata sulla dimensione principale, quando aggiungiamo una dimensione secondaria possiamo filtrare anche quest’ultima, mantenendo il pieno controllo sulle informazioni da mostrare in tabella.
In profondità nei report
Naturalmente, per tutti quei rapporti che permettono il clic su una delle voci riportate in riga – per esempio il report “Acquisizione” > “Tutto il traffico” > “Sorgente”, dove posso cliccare la sorgente/mezzo “google/organic” – è possibile restringere ulteriormente la quantità dei dati mostrati. E applicare a questo livello, diciamo “più profondo” la mia dimensione secondaria, con o senza filtro.
Dimensioni e metriche personalizzate
Vale la pena citare un aspetto di per sé avanzato, ma che toglie alcuni dubbi a chi inizia. Anche se Analytics è uno strumento piuttosto completo per l’analisi dei dati di traffico di progetti grandi e piccoli, come si fa in tutti quei casi in cui ci serve ottenere una precisa informazione che non combacia con una dimensione o una metrica già presente sulla piattaforma?
Beh, la risposta è semplice: è possibile creare dimensioni e metriche personalizzate.
Per ora lo accenneremo soltanto, dicendo che questo richiede mettere mano tanto a Google Analytics quanto al codice del sito, definendo nello specifico metodi e obiettivi della raccolta di queste informazioni su misura.
Dimensioni e metriche personalizzate tornano piuttosto utili in presenza di un CRM o CMS da cui vogliamo raccogliere informazioni sull’uso dell’utente dei nostri contenuti.
Per esempio, potresti voler sapere quante volte un utente sul tuo sito ha interagito con un configuratore di prodotto, arrivando a comporre un prezzo finale pari o superiore a n-centinaia di euro. Con la dovuta accortezza, potresti predisporre insieme al tuo web analyst e al tuo sviluppatore la strategia migliore per raccogliere queste informazioni e passarle a Google Analytics attraverso dimensioni e metriche personalizzate.
Il problema è non avere dati
Come mi piace dire, in web analysis il problema non è avere dati negativi: il problema è non avere dati. Procedere alla cieca. O fidandosi della propria pancia. Cosa che, neanche a dirlo, non è esattamente il massimo. Google Analytics rappresenta oggi lo strumento più completo (e a portata di mano) con cui avvicinarsi a una più consapevole analisi dei dati.