Google cerca modi per gestire i siti che bloccano gli utenti per il GDPR

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Google lo ammette forte e chiaro dicendo che quello che sta succedendo da qualche giorno in America è una cattiva User Experience.

Sempre più spesso molti utenti che si collegano dall’Europa per cercare notizie su siti americani si vedono davanti allo schermo una pagina vuota (o quasi).

In altre parole si fa una ricerca classica, i risultati appaiono in SERP, si clicca sopra il sito che si vorrebbe visitare ma il sito non si apre.

La colpa? La colpa sembra risiedere nel GDPR (General Data Protection Regulation), il regolamento generale sulla protezione dei dati, entrato ufficialmente in vigore il 25 maggio di quest’anno che intende rafforzare e rendere più omogenea la protezione dei dati personali di cittadini dell’Unione europea e dei residenti nell’Unione europea, sia all’interno che all’esterno dei confini dell’Unione europea.

Che l’appena nato GDPR potesse avere una coda lunga di strascichi più o meno negativi sulla SEO e non solo (vedi una user experience certamente non facilitata) lo avevano detto in molti, visti i macchinosi espedienti che il 90% dei siti ha dovuto introdurre per tutelare la privacy dei navigatori a totale svantaggio (o quasi) della facilità di navigare nei tanti portali che tracciano per sé o per terze parti i comportamenti degli utenti all’interno del proprio sito web.

In pochi in verità hanno notato un significativo cambiamento, che però è andato ad impattare notevolmente sulla navigazione degli utenti dell’Unione Europea.

La notizia circola on-line da qualche giorno con alcuni utenti che a titolo diverso segnalano problemi vari quando decidono di collegarsi a siti web allocati fuori dalla Unione europea.

Nello specifico, come dicevamo, una enorme fetta di siti di notizie statunitensi (si parla addirittura che siano coinvolti circa un terzo di quelli attualmente attivi) stanno bloccando gli utenti dell’UE perché non vogliono conformarsi al regolamento generale sulla protezione dei dati, più conosciuto con l’acronimo di GDPR.

John Mueller, uno tra i più famosi analisti dei trend dei webmaster di Google, ha detto su Twitter che Google ha rilevato questa “falla” e sta cercando il modo per trovare una soluzione fattiva.

Il problema non è risiede solo nell’impossibilità di navigare, ma a monte c’è il problema sollevato su Twitter da più persone che Google non sa che l’utente è bloccato, in quanto il bot esegue la scansione del singolo contenuto dagli Stati Uniti e pertanto ritiene che il contenuto sia disponibile per tutti gli utenti.

Anche perché ha veramente poco senso che nelle SERP europee appaiano i risultati di siti che bloccano la visibilità a chi naviga dall’Europa.

Mueller a tutti coloro che facevano notare quest’anomalia risponde  perentoriamente: “Si tratta di uno sfortunato effetto collaterale da parte nostra per la maggior parte dagli Stati Uniti “non è logico (…) I siti web ci odieranno per questo“. Sono d’accordo che si tratta di un’esperienza utente negativa, ed è qualcosa a cui stiamo cercando di trovare soluzioni”.

[via searchengineland.com]

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