6 Spunti per chi inizia a fare ADV B2B in Google Ads (per grandi e piccole realtà)

fare advertising b2b

Fare advertising nel B2B non è così diverso dal farlo in B2C. Ciò che intendo è che non esiste una versione di Google Ads “per parlare alle altre aziende” e una rivolta a colpire clienti finali. La piattaforma rimane la stessa, quali siano i prodotti, il target o la dimensione aziendale da intercettare.

Ciò che cambia, naturalmente, è il modo a cui guardiamo lo strumento e le tante opzioni a disposizione. Nel B2B, i prodotti o servizi hanno spesso una soglia economica d’ingresso più alta (leggi: costano di più) e richiedono una riflessione maggiore prima dell’acquisto. Altrettanto spesso, la base d’asta per pagare un singolo clic parte da diversi gradini più in alto. È anche probabile che il LifeTime Value (il valore che un cliente può portare nel corso della sua intera vita alla nostra azienda) cresca allo stesso modo.

Inoltre, ed è un aspetto importante, nel B2B spesso non esiste un singolo interlocutore – come potrebbe esserlo un qualunque cliente finale alla ricerca del migliore aspirapolvere sul mercato – ma i decision maker e i punti di contatto si moltiplicano nell’intero percorso d’acquisto. A dirla tutta, i decision maker non sono più neppure l’unico tipo di interlocutore, perché entrano in gioco tutti coloro che potrebbero assistere e guidare la decisione: responsabili e manager, collaboratori e dipendenti.

Diventa, perciò, fondamentale muoversi con consapevolezza.
Ecco alcuni spunti per iniziare.

Una premessa sul budget

So cosa stai pensando: quanti soldi dovrei spendere? La domanda, in sé, non è né banale, né scontata. Eppure, trovo che parlare di budget sia molto semplice se si adotta un approccio razionale.

Troppo spesso si tende a considerare la pubblicità come un costo, valutando quindi un qualunque budget proposto come semplicemente “basso”, “contenuto”, “alto”, “molto alto”, (“impraticabile”, “scellerato”, etc). Il che non ha molto senso, perché l’obiettivo di una campagna pubblicitaria è produrre denaro, non gettarlo dalla finestra.

Sono sicuro che se ti dicessi che per la tua prossima campagna siano necessari circa €10.000 nel primo trimestre, per ottenerne almeno €15.000k, non avresti dubbi nel firmare un preventivo. Perché il succo è un po’ questo: non esiste un budget “alto” o “basso”, esiste invece un budget congruo con il periodo dell’attività in cui ci si trova, ripartito al meglio sulle tre fasi principali del funnel.

Purtroppo non posso indicarti quanti soldi dovresti investire (nota come ho cambiato il verbo, ora) in Google Ads, ma posso ricordarti come stagionalità, forza dei competitor e ritorno economico sulla singola vendita sono dei parametri che dovresti tenere sotto mano insieme al tuo consulente.

Ciò che dovresti tenere a mente, inoltre, è che esiste una sostanziale differenza tra proiezione e predizione. Non è possibile (no, davvero, non si può) stimare risultati economici di un’attività ADV in Google Ads senza uno storico, a bocce ferme. È possibile invece ipotizzare uno scenario. Scenario che nel breve periodo probabilmente guarderà a introdurre utenti nella parte alta del funnel, così da capire se la proposta (lato annuncio) sia stimolante e se il proseguo (lato sito) lo sia altrettanto. Si potranno avere a questo punto dati di qualità per analizzare l’intera customer journey. E capire, magari, che il contatto continua a non avvenire perché un nostro competitor risulta molto più credibile (o offre un prodotto migliore). Oppure, ancora, che il “tempo di incubazione” necessario tra la visita al sito e il contatto è superiore rispetto a quanto ci si aspettava. Sono tutte cose che capitano e che sono, ribadisco, assolutamente normali.

Mettiti nelle condizioni di poter proiettare lo scenario più preciso. Investi tempo (e non necessariamente denaro) per imparare come si muove la tua nicchia in Google Ads. Per avere informazioni che ti permettano poi, consapevolmente, di aprire i rubinetti.

Un promemoria sul funnel

Salvo che tu non offra un singolo prodotto o disponga di tempo e budget infiniti (vedi sopra), dovrai porti delle priorità. Purtroppo, dire: “voglio promuovere la mia azienda, verso altre potenziali aziende clienti” è riduttivo. Se il tuo listino trabocca di proposte mirate per aziende di grandezza e portafoglio diversi, allora avrai bisogno di focalizzazione.

Considera anche che più complesso da raccontare il prodotto, più lungo il funnel necessario per farlo comprendere. Se risolvi una necessità ormai chiara a gran parte del tuo target, un funnel più breve potrebbe essere altrettanto proficuo.

Se già esiste un’intenzione di ricerca in Google, è probabile che la necessità di focalizzarsi diventi ancora più prioritaria: molto probabilmente ti scontrerai contro chi, già presente, contribuisce ogni giorno a far lievitare l’offerta CPC max necessaria a entrare in base d’asta.

Se un’intenzione esplicita ancora manca (e il tuo prodotto è in un certo senso “nuovo”), il funnel è un po’ tutto da costruire. Puoi preservare un minimo di posizionamento in Google attraverso campagne branded (a budget contenuto) e concentrare gli sforzi nel primo periodo su campagne in Rete Display, YouTube o, ancora in Rete Ricerca, su query leggermente più generiche, per prepararti poi a un buon remarketing progressivo.

1. Keyword research

Chi lavora nel B2B ha bisogno, più di altri, di fare proprie le sfumature della keyword research. Il motivo è semplice: più complesso il prodotto che vendi, maggiore l’esperienza dell’interlocutore ideale, più specifica la query che questo andrà a comporre in Google.

Se il tuo è un servizio di logistica per e-commerce, probabilmente il tuo migliore interlocutore farà ruotare le sue ricerche intorno a un limitato keyword set che abbia a che fare con “logistica e-commerce”. Un punto di partenza abbastanza chiaro. Se invece vendi un particolare tipo di macchinario industriale ti scontrerai (probabilmente) con un volume di ricerca molto più ridotto, specifico e potenzialmente frammentato su tante, piccole variazioni del tema.

Inoltre, quando analizzi le query ricorda di cercare sempre… l’anomalia. Al di là di termini che riconosci e di magari qualche sigla o refuso, è la query “inaspettata” che rivela molto del modo in cui le persone pensano, quando cercano prodotti come il tuo.

Nel B2B anche una manciata di query da meno di 100 ricerche mese, altamente focalizzate, può essere significativa.

2. Keyword escluse (corrispondenze inverse)

Non farne uso è uno degli errori principali, come sai. Si potrebbe dire che buona parte del risultato in advertising dipenda da ciò che scegli di non fare. Ciò significa tenere d’occhio il report “Parole chiave” > “Termini di ricerca” in Google Ads alla ricerca di tutto ciò che possa far sospettare di aver colpito un utente non in-target o ancora troppo distante dal voler risolvere il proprio problema.

Un buon modo di procedere è escludere a priori, a livello di Libreria condivisa, tutti quei termini che fanno capo a query informative o che contengono termini per noi facilmente cestinabili (se per esempio vendiamo, e non noleggiamo un prodotto, il ragionamento è semplice). Per procedere poi, a livello di campagna e a seconda della parte del funnel in cui questa si posiziona, a introdurre ulteriori negazioni facendo uso di elenchi specifici o di singole keyword negate aggiuntive.

3. Posizionamenti esclusi

Come scrivevo alcuni giorni fa, Google ha di recente modificato il comportamento dell’esclusione di posizionamento sulle applicazioni mobili. Neanche a dirlo, l’ultima cosa che vuoi è diluire il tuo prezioso budget raggiungendo utenti impegnati nel nuovo videogame mobile di turno. Anche per le campagne in Rete Display che si rivolgono alla parte alta del funnel, evitare del tutto le app è fortemente consigliato.

4. Gmail Ads

Una campagna Gmail è un particolare (sotto)tipo di campagna Display, che si posiziona all’interno (appunto) di Gmail e può fornire un buon supporto a un’attività di Direct Email Marketing contemporanea.

Se hai già messo mano a una qualunque campagna Display, noterai come la controparte Gmail non sia così diversa. Puoi fare uso di annunci che comprendono immagini o video, un titolo e una riga di descrizione insieme al nome della tua attività. Gli annunci saranno mostrati compatti, da desktop e mobile, occupando lo spazio di una qualunque altra email nella casella; una volta espansi, mostreranno il rimanente contenuto stimolando il click verso il sito di destinazione.

È questo un tipo di campagna piuttosto efficace quando accoppiato a elenchi di pubblico mirati, basati sicuramente sul traffico precedente al sito (se l’account lo permette nel soddisfare i diversi requisiti) sul caricamento – Customer Match – di un file di indirizzi email.

Campagne Gmail sono particolarmente utili al centro del funnel, per guidare l’utente alla valutazione di un servizio complesso, riportandolo più in profondità all’interno del nostro sito o spostandolo tra diverse landing page.

5. Estensioni di annuncio

Se normalmente le estensioni di annuncio sono già un ottimo modo per incrementare il Punteggio di Qualità delle campagne, quando parliamo di B2B rappresentano lo strumento ideale per potenziare gli annunci verso un pubblico solitamente evoluto.

Estensioni di Sitelink sono particolarmente utili per offrire al target strade alternative per accedere al nostro sito, ponendo attenzione a casi di studio, recensioni di settore, confronto tra più modelli di prodotto o livello di servizio. Link aggiuntivi da porre sotto all’annuncio per rispondere, implicitamente, ai tanti dubbi di chi ha già probabilmente visitato diversi altri competitor nel recente passato. E che potrebbe non essere ancora in grado di prendere una decisione definitiva senza passare da questi “percorsi alternativi”. Se guardiamo agli “influenzatori della decisione” in azienda, allora i Sitelink sono sicuramente il primo e fondamentale extra da non trascurare sulle campagne in Rete Ricerca.

Estensioni di prezzo, che presentano esplicitamente parametri come “Tipo” > “Livello di prodotto” o “Categorie di servizi”, tornano poi utili per mostrare una forbice numerica, sempre sotto all’annuncio, che permetta ancora una volta all’utente di ragionare sul posizionamento dell’offerta senza entrare a testa bassa nella landing page.

Estensioni di chiamata forniscono quel paracadute ideale qualora tutto il resto dovesse fallire e il nostro interlocutore fosse interessato (ancora freddo) a una semplice chiacchierata introduttiva oppure (già prossimo all’acquisto) a parlare direttamente con un venditore.

6. Elenchi di pubblico in-market personalizzati

La difficoltà nel puntare una campagna in Rete Display quando parliamo di B2B è che spesso ci ritroviamo vincolati all’interno di scelte, riguardo al target, comunque limitate. O almeno, disponibili un po’ per tutti e poco indicate, magari, proprio per la nostra attività.

Ecco perché è bene ricordarsi che all’interno della sezione “Segmenti di Pubblico” possiamo fare uso di segmenti di pubblico di affinità e per intenzione personalizzati.

Nel primo caso, possiamo indicare interessi, URL, luoghi o persino app che, dal nostro punto di vista, possano descrivere il nostro target ideale quando naviga in rete. Nel secondo, indicare parole chiave e URL che facciano riferimento a argomenti che il nostro pubblico sta attivamente cercando. Se stai pensando che soprattutto sul secondo fronte sia interessante valutare keyword legate a competitor o URL di destinazione che vi facciano riferimento, sappi che, beh, può essere una buona idea.

Naturalmente, la piattaforma non ti darà modo di inseguire la singola persona che ha cercato o visitato il sito del tuo competitor, ma raggiungerà persone simili a loro e che si comportano allo stesso modo.

Concludendo

Il principio di Pareto, o “legge dell’80/20” afferma che la maggior parte degli effetti è spesso dovuta a un ristretto numero di cause (quando parliamo di numeri sufficientemente grandi, naturalmente). Detta in un altro modo: il 20% del totale genera l’80% del risultato, e l’80% rimanente ne genera soltanto il 20%.

Dopo anni passati a revisionare account, ti accorgi come ciò sia particolarmente vero anche in Google Ads. Piccole modifiche all’interno di una consolidata architettura possono dare grandi soddisfazioni.

PS: se hai trovato utile questo post e vuoi saperne ancora di più, prova gratis Studio Samo Pro, la nostra piattaforma con oltre 200 corsi pratici.

Piaciuto? Condividilo!

L'autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Iscriviti gratis a…

MakeMeThink

La newsletter di Studio Samo

Ricevi ogni 2 settimane le novità più importanti dal mondo del digital marketing.

Potrebbe interessarti anche...

prompt engineering
Jacopo Matteuzzi

Prompt Engineering AI: cos’è, guida pratica

In questo articolo scoprirai cos’è il prompt engineering, perché è così importante, e soprattutto come può trasformare il tuo modo di lavorare con l’intelligenza artificiale.

piano editoriale instagram
Giuliana Curato

Piano editoriale Instagram: come farlo, idee e spunti

Come possiamo fare per emergere tra migliaia di contenuti e assicurarci che il nostro messaggio non solo raggiunga il pubblico desiderato ma che lo coinvolga, lo informi e lo intrattenga nel modo giusto? Ovviamente, creando un piano editoriale strutturato. Scopriamo insieme come!

email marketing automation
Marianna Caravatta

Email Marketing Automation: guida per iniziare

Immagina di poter raggiungere i tuoi clienti con il messaggio giusto al momento giusto, senza dover digitare ogni singola email. Benvenuto nel mondo dell’email marketing automation, dove la tecnologia trasforma la comunicazione in una potente macchina di connessione e conversione. Iniziamo insieme!

Vuoi essere sempre sul pezzo?

Iscriviti a MakeMeThink, la newsletter di Studio Samo. ✉️ Ricevi ogni 2 settimane le novità più importanti dal mondo del digital marketing.

Manca poco al Black Friday...