Il più bel trucco del Diavolo sta nel convincerci che non esiste.
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Charles Baudelaire non era un SEO ma chissà cosa avrebbe detto dello spleen del suo lato oscuro, la SEO negativa. Un riverbero malinconico del Black Hat di un tempo, solo puntato ai competitor per stroncarli in SERP. Per anni, dalle parti di Google, hanno minimizzato i danni che azioni di questo tipo potevano dare ai siti colpiti, ritenendo l’algoritmo abbastanza intelligente: la realtà dei fatti è che – nei meandri di forum e community – sono iniziate a girare storie sulla SEO negativa di penalizzazioni diaboliche.
Quindi la domanda è: la SEO negativa funziona davvero e quindi esiste o è solo uno spauracchio nato dalle viscere di un pinguino? (ah Carlè, spicciame casa… scherzo).
Provo a sfatare/confermare due miti in pieno stile Adam e Jamie.
Attacco DDoS per fare SEO negativa
Parto subito con il tipo di attacco che sta più nelle bocche da latte dei leoni da tastiera: il DDoS o anche “Dai, Distruggo.. ora Spacco!” (in realtà Distributed Denial of Service) che solitamente il leoncino bercia sui forum contro un concorrente: per dirla terra-terra, riempio la banda del tuo sito di accessi fasulli finché non cade. Nell’immediato è un grosso danno dato che gli utenti “normali” non riescono ad accedere più al sito. Nel medio periodo, se il sito rimane irraggiungibile lo è anche lato SEO poiché il robot passando più volte e vedendo un sito down, lo declassa sulle SERP.
Software che si trovano facilmente sul Web come HOIC (High Orbital Ion Cannon) sembrano rendere la vita più facile ai SEO dalla criniera posticcia, ma siamo sicuri che portare un attacco da un singolo PC (e magari senza usare un proxy o una soluzione simile) porti a un risultato? Mmh..
Tempo fa testai su sanitaesalute.it (oggi offline e non rinnovato) un lancio di HOIC per circa mezza giornata. Il sito (un WP da due soldi) era hostato sulla più economica delle soluzioni. Risultato: il sito era sempre raggiungibile, figurarsi fare dei danni lato SEO. Qualche tempo dopo, riprovammo su un altro dominio, insieme all’amico Simone Durante, da più macchine su una soluzione ugualmente di poco valore e… si, il sito non era raggiungibile. Ma lato SEO, dopo circa una giornata di lanci, nessun cambiamento.
Controprova laterale: un mio cliente si dimenticò di rinnovare il dominio e il sito andò down per mezza settimana buona (poi finalmente imparò le gioie del rinnovo automatico). Si ok, non è un attacco HOIC ma il portale non era ugualmente raggiungibile e visto il settore molto “caldo”, Google fu velocissimo a declassarlo in seconda pagina, riprendendo in modo veloce la precedente posizione non appena rinnovato il portale.
Il maestro Emanuele Tolomei già da qualche anno fece dei test sui tempi di reazione di Google a un sito down: si parla di 36-48 ore. Ovvio che cambia in base al settore ma quanto può costare un attacco DDoS continuato per fare SEO negativa magari verso un sito ospitato da un server con una banda discreta? Ne vale la pena, soprattutto considerando i costi che può avere – ad esempio – una botnet per un attacco su larga scala?
Mito: possibile!
Link Building negativa
Dagli scenari da War Games alla classica azione di SEO negativa: bombardare di link sporchi un competitor. Qui i fattori in gioco sono molti e camminiamo nel terreno minato ben conosciuto delle attività di ottimizzazione offpage.
Magari può anche capitare che il competitor cresca molto o almeno fino a quando Google non si accorge della monnezza che spinge il sito, penalizzandolo. Considerando che Penguin viene ancora lanciato in modo irregolare, l’unica è fare leva su un intervento manuale “distratto” ovvero che non si accorga come il link bombing negativo ad un sito – e successive segnalazioni di spam – non facciano parte dello stesso cerchio.
Uno dei miei primi approcci alla SEO negativa fu proprio quello di un sito penalizzato con il primissimo lancio di Penguin a causa di link di scarsa qualità.. a secchiate. Situazione che richiedette lo startup su un altro dominio. Di recente mi è capitato un altro caso simile, anche se si può parlare più di autogol: i link sono di padre ignoto e il sito in questione (un’enoteca) ha gran parte del proprio link pattern con anchor text esatte e collegamenti davvero scadenti. Per vie traverse e poco SEO si è scoperto che ne è responsabile un vecchio fornitore, pare senza malizia.
Insomma, anche in questo caso, nuovo progetto a causa non tanto di una penalizzazione (manuale) risolta ma poiché la situazione perniciosa rischia di ripresentarsi: con dei link creati – data la tipologia con tanta probabilità – da un tool automatico, si è finiti dentro un sistema che ogni tanto “regala” di nuovo ondate di nuova immondizia.
In altro caso, chiuso da poco, proprio sul mio sito personale, le attività volute di Link Building negativa hanno visto un fluttuare del portale stesso per le query spammate, fino a riposizionarsi esattamente come prima del test. Insomma, come se trust e altri fattori avessero reso quest’attività del tutto “superflua” nel bene o nel male.
Mito: confermato (gli effetti dipendono dal sito)
La SEO negativa esiste
Solo che applicarla non è così semplice, gli esiti possono essere poco prevedibili e soprattutto.. costa, quantomeno in termini di tempo. Quindi, considerando che i competitor in SERP sono molti e non soltanto uno, non è più produttivo investire tutto su un solo attore: il sito su cui stai lavorando?
Questi sono solo alcune mie esperienze nel lavoro di tutto i giorni: tu che casi mi porti :)?
2 risposte
Ciao Benedetto, come sempre un articolo di qualità e scorrevole, complimenti.
Sono completamente d’accordo, oltre che ovviamente a livello morale anche dal punto di vista economico.
Considerato che comunque non è sufficiente il posizionamento da solo per portare conversioni utente-cliente, trovo molto più utile investire per migliorare la qualità del proprio sito web in tutti i suoi aspetti, ottenendo risultati più duraturi e concreti.
Un saluto
Samuele
Eppure c’è chi lo chiede come prima cosa, fregandosene del giardino proprio!